D. Sofia. E si nun ve voglio dà manco nu sordo?!
D. Ferdinando. E se vi mando una citazione?
D. Sofia. Io nun tengo che perdere...
D. Ferdinando. Questo poi lo vedremo, si tenite che perdere...
Crescenzo. Nonzignore, chesto nun ce ha da essere (a sua moglie) Piglie ’e denare e dammille a me, ca mo acconcio io...
D. Sofia. Ma quanto vuò, ’a me puverella?
Crescenzo. Damme cinquanta lire: iammo.
D. Sofia. Cinquanta lire?!
D. Ferdinando. Ma per fare che cosa?
Crescenzo. Pe ve pavà...
D. Ferdinando. Cinquanta lire! Ma vuie state pazzianno?
Crescenzo. No, io dico seriamente...
D. Sofia. Poveri denare mieie!
D. Crescenzo. Facimmo iusto sissanta.
D. Ferdinando. Che vendiamo all’asta pubblica, forse?
Crescenzo. Sissanta lire, meh!
D. Ferdinando. Impossibile!
Crescenzo. Ottanta.
D. Sofia. Guè, ma che ghiammo arrubbanno? Tu a quanto vuò saglì?
D. Ferdinando. Per farvi vedere quanto son galantuomo, datemi cento lire, e finiamola così.
D. Sofia. Mio signò, vuie nuvanta lire ’e vulite? No? E allora facite chello che vulite vuie.
Crescenzo. (sottovoce al medico) Duttò, pigliatevelle, ca ve dongo io l’ate diece lire.