La continua tempesta del riso e delle lacrime
GINO CAPRIOLO*
Una “musica” di ciechi, cioé un’orchestrina girovaga e mendicante che alterna,
a celebri canzoni napolitane, teneri valzer d’operetta viennese. Tra i suonatori,
il controbassista, “Don” Ferdinando, che ha una moglie, Nannina, incontrata e sposata per caso. Com’è Nannina? Don Ferdinando non lo sa. Lei dice d’esser bella, ed egli ama crederle, fino ad esser preso da gelosia per un certo Alfonso, impresario e accompagnatore della piccola “troupe” miserabile.
La gelosia, e il dramma, divampano improvvisi. Don Ferdinando tenta di scacciare la donna, di abbandonare la “musica”, ma a ricondurlo sulla via della ragione è l’umile e tardiva confessione della donna, d’essere brutta, di non poter essere amata e desiderata da nessuno che non sia cieco come lui.
È tutto. Ma la potenza di questo atto unico consiste nel descrivere una immensa tragedia diventata abitudine. Come questi ciechi, e coloro che gli vivono intorno, parlano della loro sventura, con quale naturalezza, con quale indifferenza! E non un attimo lo scrittore indulge al patetico; tutto, nell’atto, è esasperante, tutto mirabilmente sgradevole. I ciechi di Maeterlink appaiono subito di maniera.
Reputo questa piccola opera tra le più significanti di una intelligenza terribile come quella di Raffaele Viviani: il mondo guardato attraverso il freddo vetro dei suoi occhi, in fondo ai quali mai si scorgeva, e sempre s’intuiva, la continua tempesta del riso e delle lacrime.