creazione di Cannetella, figura indimenticabile, vera, proprio viva ».
Dai pochi grandi spiriti, m’è giunto sovente il messaggio che consola. Il mio teatro, che si sforza di trarre la significazione umana e spontanea, dall'anima immensa del popolo che palpita e vibra, è stato sovente ben giudicato, da elette intellettualità, con una degnazione che è il mio conforto ed il mio orgoglio.
Ma tutto ciò s’è fermato lì. Giudizii di simpatia espressi su giornali e riviste d’Italia, lettere di compiacimento; ma insieme con tutto ciò, la lotta bassa dei mediocri, 1’ostilità delle Compagnie dialettali.
Già da noi mancano le Compagnie dialettali atte ad interpretare un lavoro d’arte pura. Pare che si sia radicato nella moltitudine il concetto che il teatro dialettale napoletano, debba essere unicamente ristretto alle riduzioni di pochades francesi nel nostro popolare idioma, e nelle commedie grottesche, auspice la maschera di Pulcinella. Il lavoro d’arte, come esiste nei dialetti di altri popoli d’Italia, — primissimo il veneziano — pare ai più che debba essere un anacronismo, per il nostro popolo gaio, spensierato, eternamente ridente. Ma il nostro popolo vibra di sentimento e di passione; nel suo intimo palpitano sentimenti umani e sogni di poesia, e la sua vita multiforme, rappresentata sulle scene, rifulge d’ un interesse, intenso anche se non debba essere allegra ed atta a sollevare l’ilarità e il buon umore.
Così che, le nostre Compagnie dialettali si restringono intorno al vecchio repertorio brillante, e i nostri attori ci tengono a voler essere perenni creatori di riso. Solo