Ern. Io non bo soggezione? di nessuno, e precisa. mente di coloro che.disonorano la mediciua.
Lui. A noi si... (quasi per inveirò)
Tut. (frapponendosi) Fermatevi.
Pan. (tra sè) (Cca m’avessero veramente da rompere na gamma!.. s’ è cqapilo.) (entra dentro saltando).
Pul. (Oli bonora! lo malato se nn’è tlrasuto zompanno 1)
Lui. Me ne darete conto.
Oro. Signor D. Ernesta: in casa mia non s’insultano i professóri.
Pul. E pprofessori che tteneno l’Ars long e vita brevis dintò all’ ossa, capite?
Lui. In questo punto m*incammino dal giudice.
Ern. Non serve d’ipcomodarlo, perchè la quistione è sciolta col fai to. D. Pangrazio...
Mat. (sottovoce) (Ah! non parlate, sino ziemo è arrestato pe ddebeto.)
Oro. Oh! D. Ernè, da questo punto la nostra amicizia è finita; liscia si astenga di venire più qua...
Ern. Si l’sì, parto snl momento. L’avrei a sornm’oltraggio il disputare con persone prive di studio e di discernimento; io ragiono con professori di merito i quali non poggiano la . loro fortuna suir ardimento e sull’impostura, ma sulla profonda dottrina e su basi scientifiche. Non trionfate però del vostro intemerato ardire, a suo tempo faròvvi conoscere come Ernesto Amati avrà cuore di rispondere all’audacia di due dichiaratissimi asini.
(minacciando) Ci rivedremo, ci rivedremo. (via)
Lui. Àsini dichiarati, due professori botanici...
Pul. E tanto che sono bottanici che abbottando