SCENA III.
Federico e detti.
Fed. I miei rispetti a tutta questa conversazione.
Ant. (per evitare lo sguardo di Federico) Signure mieje, mme vaco a fuma no sicarro,
Ans. Aspetta mmalora!
Pul. No, cca na cauciata co ttutta carnalità, nce la facimmo.
Fed. (ad Ant.) Restate, restate, perchè vi tolgo subito l’incomodo; so che siete un mio rivale in arte, ma potrei vincervi col disprezzo, e se non fosse per... (guardando con significato Giannina) A suo tempo conoscerete chi è Federico il figlio del parrucchiere francese. Signor D. Anseimo, l oggettodella mia venuta, è stalo per dirvi che le vostre brame sono appagate. E giunto in Napoli il signor Allix, autore del busto, ed alle mie premure verrà a momenti per fare la vostra conoscenza. Signori vi saluto. (via)
Ans. Venitecca, sentite Don Federi... aspettate.,, (poi dirigendosi ad Ant.) tu mme farrisse passà no guajo pe ttulto lo munno...
Ant. Perchè? che auta assisa è asciata?
Ern. Ed ha ragione mio suocero. Siete un originale!
Pan. A cacciarne chillo bravo galantuomo?
Gia. Bella cosa! beila cosa!
Ant. Vi ca io si mme nzorfo faccio correre la guardia...
Pul. Chisto ohi è.j. tu chi bonora si? (ad Ani.)
Ant. Comme! io so lo perucchiero Antonio laazzapallune.