Car. (similmente) Lascia fare a me.
Gen. Signori, vi dedico il mio rispetto.
Ans. Siate il benvenuto sig. D. Gennarino. (esce Federico e resta inosservato in fondo)
Gen. Siamo tutti?
Ans. Tanto bello.
Gen. 1 signori sposi, se è lecito?
Ans. Eccoli.
Gen. Ella è la signora D. Teresina Raganelli?
Ter. Appunto.
Gen. E lo sposo J). Raimondo Carma?
Ern. Sono io.
Car. Un momento. Voi non vi chiamate D. Vaimondo, ma bensì D. Evnesto.
Tutti. Come?
Pan. Misericordia!
Pul. (guardando il viso tramortito di Pang) (Si miè, tu te Si ffatto jauco... si mie, te sento no fìeto de galera ncuollo!!)
Ans. Ne signor mio? (ad Ernesto) Come va st’ affare?
Ern. Voi dove mi conoscete? (a Carlino)
Car. Sodo stato il camevieve della vostva moglie.
Tutti. Moglie!
Pan. (fuori di sè) (Cbiammateme no scialnsciatore!)
Pul. (Si mie, tu tiene già lo paniello dinto a la sacca.)
Ans. Ma parlate, bonora! cca de che se tratta?
Ern. Quest’imbecille mentisce.
Car. Non mentisco!. voi avete sposata una giovane in CataniaV e si chiama D. Evvichetta Panfilia.
Pro. (con tutto entusiasmo) Uh f uh, uh!.. JErrich etta Panfilio! (dirigendosi ad Ernesto) parla briccone! è biva mo^liereta?.. campa