smorfie co cchtllo cavaliere ntsrtàto aggi0« vene de cantina?
Cec. (risentita) Signore ’ che modo è questo’di parlare!
Panu. No, non me fa la sostenutala si mme veta lo cancaro te schiaffeo appresso. •
Cec. Screanzato, eredi di parlare ad una tua serva!
Panu. Servai tu. si ppeggio de na serra.
Ans. Zitti, non alzate \a voce.
Giac. Non foie sentire agli svitati;.
Panu. Briccona! briccona! tu e-queirimbecille di tuo fratello.
Cec. Tpsei.paizo!
Fili. Che cos’è tanto chiasso?
Panu. Lo vi lloco, k>‘vì la frate papurchiotbeUa - compia che avite fatta.,
Fili. Solennissimo parabolano! credi di parlare a due bifolchi?
Panu. Sì, site veramente due galantuomini! andate, andate in malora! io mi vergogno di es? servi fratello. •
Cec. Fratello! Fili.
Panu. Si, me so-ffatto «hjajnroà D> Ercole, ma 8Q Panuuzio Cofcozzella ehe me ditidette da te quanno teneva 10 anne e ppart^tte co zziemo; me so ntrodutto eoa souo mentite spoglie per scorgere le tue azioni; me so to miserabile ina in sotanza’o rrteco.«
Fili. Ricco, fratello caro! (per abbracciarlo)
Panu. Indietro: io non tenco no frate faccìotuosto, sfaticato e mmariuplo
Fili. Ladro!
Cec.