Rac. Guarda, guarda! si è offeso il signorino,
Nic. (tra sè) (Vi chfste,, justo mo hanno da fa tanta discìfraziune!)
Lui. D. Otta, volimmo Ire?
Ott. Eccome cca. (uscendo dice sotto voce a. Donatitió) (Famme troppo lo porpetta tu; capisce? va da cca e da Uà co sta muccosella, ca si l’appura zieta some ne daje no ?iezzo.) (via con Luigi)
Nic. Voi non v’ accomodate? Qna...qua senza cerimonia. (gli offre le sedie: i due ac-% cettano situandosi vicino al tavolino) Questo signore è pure della compagnia?
Rac. Per ora no, forse in appresso...
Don. Oh! lo credo ben difficile...
Rac. Difficile! (Nic’fòro seguila a scrivere)
Don. Sì, perchè la commedia intesa ai Fioren tini jeri sera, giacche scioccamente voli far la caritura di prendere un palco per voi e pe’ vostri compagni... quella composizione, vi parlo schietto, mi ha recato troppa impressione, e credo che il caso di Odoardo l’amante, sia allusivo a...
Rac. A che?., proseguite...
Don. Poi, poi..,
Rac. No, ora amerei sentire le vostre osservazioni su ciò. Il caso di Odoardo vi ha interessato?
Don. Sì, perchè mentre quel povero giovane per causa di Lucrezia si assoggettava agli strazi, non essendo sua pari, la sensibilissima innamorata, onde non farsi viqcere dalla malinconia, faceva di tutto per allontanarlo dal cuore, usando le solite còchetterie delle giovani dd oggigiorno.
Nic. (tra sè) (Vi cbe principio de cannela se sta ntavolianno screvenno screvenno!)