Rac. ) Questa è la farsa, voi siete comica, dateci un’ occhiata e distribuite i caratteri, perchè io verrò in casa vostra quest’ oggi e concerteremo.
Rac. Conoscete l’ abitazione?
Nic. Me la insegnò D. Ottavio.
Rac. Bene! vi attenderemo. (mettendosi sotto il braccio di Ottavio)
Ott. (avviandosi) Non mancate all’appintamento; voi sapete che la farsa s1 ha dda fa dimane a ssera, e., non so se mi percèpite...
Pul. Va bene Don... lassatece fare.
Ott. (a Pài.) Scostumatone addio; lo stocco mio è ssempe a lo commanno tujo. (via con Rachele)
Nic. Che bonora è ssucciesso?
Pul. Oh che ffortuna Nicefaro’mio! baje da sapè... (avvedendosi delle due giovani che sono presenti) Gnò? e buje che ffacìte?.. abbiate dinto...
Luc. c Pep. Ma...
Pul. Abbiate, non so ccose che ppotite sentì...
Luc. (incamminandosi) (Pepparè, mo è lo tiempo de fa la spia.)
Pep. (Co ttutta T attenzione sa.) (entrano per la porta di mezzo y e dopo poco tempo fanno capolino)
Pul. (a Nic.) Tiene ccà; Chisto è lo viglietto che aggio avuto poco primmo, e mme l’aggio fatto leggere da lo postiero che sta a lo pontone. Vide tu pure de che se tratta.
Nic. E cchi lo manna?
Pul. Liegge, liegge.
Nic. (apre e legge) « Caro mio. Non si può espri 8 mere l’impressione che mi fece jersera a il tuo viso. »... Uh bonora! chesta è la vecchia che abballaje co ite?..