Mad. ( tacendo s’ (abbandona al braccio di Pan. e ^allontana dicénao) Móne pus, sge mor, sge mor I ( piano con Mosto )
Antàydtpo-deggcr-sicuro dellàtoro assenza, getta via la pamtesa e giubilando dice con voce naturale ) Evviva, evviva il vostra i«’r«egaol -i
Ern. (e. s.) Levàteme sta panzà ca ttó Veramente ai’ aftna na sincope! ’( tegliesi dal di sotto del giustacuore £involto distoppa che ha dato luogo allajkimton» )
Pul. Ma so stato MwMecfrserisdMato, sì o no?
Ann. A precisione, l’hai portata daataestrtf, ed è pertiò eh* il tue compenso..
Pul. No, no, lo compente tbe bogH<* è la parola che s’ feadananttuè pe Rrosina.
Ann. Immancabilmente.
Em. Signore mio, voglio correre pe no momento da HMglittMaa c li figlie raieje.
Ann. Sì, ritorna subito, perchè il tuo braccio
• è a aoi favopevoltóstoo; ’
Em. Dinto a no battere d*uoectite mevedarrite. arriva. ( uscendo ) Addò me steva stipata sta sciorte.
Ann. B un buongiwane etfio farò il possibile per farlo pia«we<pfes80 H)ro ito.
Pul. Sì, nce manca a 1* caria la piazza de scopatore, ommacare...
Ann. Fuori spropositi.