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DIALETTO


dicto Cavallo perdi la virtù, et fo convertuto a la construttione de le campane de la majore Ecclesia de Napoli in nell’anno 1322.[1] il quale cavallo si stava guardato a la Corte de la predicta Ecclesis de Napole.

Gli anni, che scorsero dalla morte di Carlo di Durazzo a quella della Regina Giovanna II. non ci presentano altri monumenti del dialetto, se non qualche Cronica, che ancor giace quasi sepolta, e manuscritta, come è quella di Notar Ruggiero Pappansogna, o qualche carta scritta in volgare da rinvenirsi per caso tralle più antiche schede di archivi, o ne’ protocolli di notaj, o

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    ta, e sfrantumata, che era sul Teatro Ercolanense, fu convertito a far la statua della Concezione, e i candelabri della Cappella della Real Villa di Portici e parimente di quella quadriga si son salvati un sol cavallo, le teste degli altri tre, ed alcuni frammenti del cocchio.

  1. Bartolomeo Chioccarello, che dopo il Toppi, e il Nicodemi distese un assai più accurato catalogo degli Illustri serittori nostri, parlando di questa Cronica fissa benissimo il tempo, in cui termina; ma sull’autore di essa non entra in veruna discussione critica e l’attribuisce ad un Giovanni Villani. Esiste oggi l’autografo Manoscritto di quest’opera del Chioccarelli, che la morte dell’autore seguita nella famosa peste del 1647. impedì di publicare, in potere del Sig. Duca della Torre Filomarini, dalla cui gentilezza ci è stato comunicato.