in qualche processo. Ma ancor regnava tanto in tutti gli atti publici di legislazione, non men che negli atti civili, e giuridici il latino, che si stenta moltissimo a rincontrar frammento di scrittura volgare.
Pervenne finalmente al Trono per molti e tutti legitimi dritti di antica succeslìone da Costanza Sveva, d’adozione della Regina Giovanna II., e di conquista contro gli Angioini il magnanimo Alfonso d’Aragona, principe il più dotto, il più saggio, il più glorioso di quanti aveano fin a quel tempo regnato tra noi. Egli fu il ristoratore di quello Regno stato sempre infelicemente scosso, e sbattuto per più di un secolo dalle passioni, e dalla ambizione delle due Regine, e de’ numerosi Reali d’Angiò, tutti egualmente superstiziosi, intriganti, irrequieti, e dissoluti. Il sistema della legislazione delle finanze, che dura ancor tra noi, prende la sua origine da quello saggio Monarca. Tralle magnanime sue cure convien contare la regolar convocazione de’ Parlamenti, augusta assemblea rappresentante la Nazione, e degno organo per esprimere, e contestare l’amore, la fede, la volontaria concorrenza di essa ai bisogni dello stato, ed ai voleri del Monarca.
Pieno Alfonso di grandiose idee, e conoscendo quanto l’uso d’un proprio, e particolar linguaggio giovi a radicar ne’ nostri cuori quel nobile sentimento di onor nazionale, e d’attaccamento alla patria, da cui proviene ogni virtù terrena, deliberò, che messa da parte la corrotta, e straziata latina lingua, di cui fino allora erasi fatto uso, ed abbandonato del pari il Toscano dialetto, come non nostro, s’innalzasse il