volgar Pugliese (oggi chiamato Napoletano) ad esser la lingua nobile della Nazione. Le leggi, le grazie, e i privilegj, le arringhe del Sovrano alla Nazione, e gli omaggi della Nazione al Sovrano, i giuramenti di fedeltà, gli ordini, i riscritti, e que’, che oggi chiamiamo. dispacci, tutto in fine quel più grande delle cose umane, a cui le parole si adoperano, volle che nel volgare Napoletano fosse concepito, e disteso; e così fu fatto. Ben è vero però, che avvezzi infinitamente gli uomini di lettere, i giurisperiti, e i magistrati a quel Latino corrente che fino allora unicamente aveano usato, si ritrovò questo nuovo linguaggio enormemente ripieno, e intarsiato di latinismi.
Il primo esempio di questo innalzamento del nostro volgare si ha dagli atti del sempre memorabile Parlamento celebrato nella Chiesa di. S. Lorenzo di Napoli nel Febbrajo del 1442. Potrà ciascuno osservargli nella collezione de’ nostri privilegj, capitoli, e grazie, dove sono tutti a disteso inferiti. Noi per saggio dello stile di essi ci contenteremo rapportar qui la conclusione del giuramento di fedeltà prestato in quel Parlamento al figlio naturale del Re, che fu chiesto per Duca di Calabria, e successor del trono dalla Nazione. Ad voi dunche Illustrissimo Signor Don Ferrando Duca de Calabria, et generale Locotenente da mò como ad Signor nostro, et Primogenito herede successore, et futuro Ré da hora per tando, cioè dapò de li felici dì del dicto Serenissimo Signor Rè vostvo Patre, simo vaxalli, et huomini ligii, alta fidelità, ligio, et homagio promettimo ad voi contra ogni persona. Le parole pò, mò, tando, e le
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