Paggena:Del dialetto napoletano - Ferdinando Galliani (1789).djvu/126

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NAPOLETANO

che ci familiarizzano co’ suoni delle voci di qualunque lingua, le quali per loro natura, e per se stesse non sono mai nè belle, nè brutte, nè dolci, nè aspre tanto da non poter esser vinte dall’abitudine, che ce le renda grate, e gustose.

Ma l’Accademia celebre fondata da Giovanni Pontano, in cui i più dotti uomini d’allora si aggregarono, non secondò le mire di quel Sovrano e del fuo figlio Ferdinando. Il Sannazzaro, Gio: Francesco Caracciolo, autore di delicatissime rime, il Cariteo segretario di Federico d’Aragona, ed altri coltivarono unicamente quel dialetto stesso, che era nato per così dire sotto la penna del Petrarca, e del Boccaccio; e quindi avvenne, che nè Angelo di Cosianzo, nè il Brittonio, il Tanfillo, l’Epicuro, il ummonte, il Rota, il Meo, l’Equicola, nè altri, che poi nella susseguente età fiorirono in gran copia, coltivassero il nostro dialetto. Solo Francesco del Tuppo, Giureconsulto Napoletano, osò scriver in esso la favolosa vita d’Esopo latina, ed italiana, alla quale sussieguono le traduzioni in prosa, ed alcuni commentarj morali, e istorici sopra sessantasei favole, ed apologhi di Esopo, da lui messi in versi latini con bastante eleganza[1].

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  1. Quest’opera divenuta rara a segno, che forse non altro esemplare ne esiste, che quello della scelta, e copiosa libreria del Marchese di Salza Berio, per effetto della gentilezza di lui, che ce l’ha comunicata, è venuta