Era la terra intorzata,[1] et con gran tomore geme, quello gemito dona grande stupore ad masculi, et femene, pensando, che la terra havesse ad parturire qualche cosa de stupore, et cussì crescendo la terra mostrò uno terribile mostro: la gente teme con grandissima paura se derrassano
[2] dal loco per timore, che have ano de stare vicino: tornò in riso quillo grande timore, perchè quello loco cussì [3] aboffato partorì uno sorece. Parze alla gente uno joco vedendo lo piczolo animale, dove prima facea alloro grande timore[4].
Or innalzato a quest’auge il nostro dialetto, che nell’opere di erudizione e di morale si vedeva adoperato, no non sarà certamente poi meraviglia, che uomini desiderosi di conservare la memoria de’ fatti avvenuti all’età loro si fossero messi a scriver in esso per piacer loro, e
- ↑ Intorzata, gonfiata nel ventre.
- ↑ Derrassuno, scostano: oggi diremmo arrassano.
- ↑ Aboffato, gonfiato di vento.
- ↑ Il sopracitato Chioccarelli nel suo libro de’ nostri Illustri scrittori dà notizia di quest’opera del Tuppo. Ecco le sue parole: Æsopi quoque fabulas Tuppus is e Latina in Italicam maternam linguam vertit, de suo quoque adjiciens Tropologiam, Allegoriam Anagogem, atque exempla, seu exemplis confirmationem ex vetustis, ac recentioribus temporibus desumpta, que omnia excusa sunt Neapoli Anno 1475. apud eundem Sixtum Riessenger in fol.