Paggena:Del dialetto napoletano - Ferdinando Galliani (1789).djvu/15

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VIII
 

sotto la rapacità, e crudeltà de’ governanti; il Santufficio tentato stabilire col corteggio de’ suoi orrori non per zelo di religione, ma per fraude di politica sospettosa; l’estravasazione di quasi tutta la moneta; il tosamento, o l’alterazione legale del valor di quella poca, che restò; desertati i campi, perpetue carestie nel più fecondo di tutti i suoli; forzato alla ribellione il più gajo, il più placido, il più sofferente di tutti i popoli; e per corona di tutto lasciato distruggere da crudelissima peste il popolo il più buono, ed il più innocente. Ecco l’orribile, e pur troppo verace ritratto e compendio di tutta la nostra brutta, e dolente istoria a cominciar dal 1502, e terminare al 1734. Chi sarà così insensato Cittadino, che non senta lacerarsi il cuore per interna pietà verso una Patria che fu tanto bella e che fu tanto immeritamente sventurata?

S’egli è poi vero, che allora rinasce e cresce altamente l’affetto verso quella prole, che sofferse disgrazie, quando vedesi, che le naturali forze superando oramai quelle de’ morbi, promettono ed ispirano dolce fiducia di perfetta guarigione, e ritorno alla pristina floridezza e beltà: qual non dovrà esser più, che presso tutte le nazioni, il patriotico zelo in noi, che da quaranta anni in quà ne veggiamo

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