zia di quelle altre, che sossieguono, e che con forza pronunziano. Talvolta elidono le sillabe intiere, e convertono tutta la sillaba in un semplice rinforzo della consonante susseguente; e parimente allora l’elisone della vocale si fa sentire per la maggior forza, con cui si pronunzia poi la consonante, che perciò pare raddoppiata.
Generalmente la finale e delle voci si elide, o si lascia sentire appena, come fanno i Francesi. Sicchè tutta la forza si ristringe al mezzo della parola. In ella non ripugna il dialetto, anzi inclina a rinforzar le consonanti, principalmente le liquide, raddoppiandole. Così per esempio dicono ammore in luogo d’amore, nziemme per insieme, arrobbare per rubare, arroico per eroico, nutriccia per nutrice, assequie per esequie, musso per muso, femmena per femina, hommo per uomo, comme per come etc.
Quello gusto a rinforzar le consonanti liquide nel mezzo delle parole si stende anche talvolta, allorchè sono iniziali. Così per esempio pronunziandosi Napole si dà un poco più di forza all’N iniziale a segno, che molti scrittori nostri non han dubitato scriverla con due n, Nnapole: ma questa maggior forza nel pronunziare è poco sensibile, se non quando precede altra parola, che finisca con vocale piena; e non meritava passar nell’ortografia. Assai più chiaro si fa sentire questo suono di doppia consonante, allorchè la parola si trova preceduta da altra vocale, come allorchè si dice a Napole, che pronunziasi a Nnapole: ma se dovesse scriversi