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DIALETTO

ror vulgo, quod nomina vicinorum odit uterque locus. Avvertiremo anche, che il Napoletano spesso elide la l dall’articolo, e dice o patre, a mamma, o Rè, a Regina, accettandoli così vieppiù all’articolo Greco.

Su’ pronomi ci contenteremo avvertire, che i pronomi mio, tuo, suo, che spesso da’ Toscani sogliono cottruirsi, preponendogli al sustantivo, dicendo, per esempio, il mio uomo, il tuo cavallo, in Napoletano debbono costruirsi impreteribilmente posponendogli, e dire l’hommo mio, lo cavallo tujo. Dir lo mio hommo, lo tujo cavallo, sarebbe una mottruosità, un orrore. Un Napoletano, che sentisse dir mia mamma avrebbe tal paura, che griderebbe subito mamma mia!

Ne' generi s’incontra qualche varietà dal Toscano. Bizzarra, e rimarchevole è ne’ nomi delle frutta. Lo piro ed in genere mascolino dicesi la pera frutto, non men che l’albero; nel plurale poi diconsi le pera; lo milo nel singoiare, nel plurale le mela; lo pruno, le pruna; lo crisaommolo, le crisommola; lo percuoco, le percoca; lo suorvo, le sorva; lo niespolo, le nespola. Non è però errar di lingua, se nel plurale si dasse ai nomi di questi frutti la desinenza in e, benché sia meno usitata. Oltre ai suddetti nomi ve n’é anche qualche altro, nel quale avviene quella mutazion di genere passando al plurale, come lo nudeco, nodo, che nel plurale fa le nodeca. Per altro non è intutto esente il comune Italiano da quella anomalia, giacchè il braccio fa te braccia, il dito le dita &c.

Rispetto ai verbi avvertiremo per regola gene-