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NAPOLETANO

nieri. Per esempio scrivendo chillo venne, io sò benuto si stenta a riconoscere, che le due voci venne, e benuto appartengono allo stesso verbo venire, quantunque una sia scritta coll'v, l’altra col b.

Noi abbiam creduto dunque, che convenga poco curando questa bizzarria, e delicatezza di pronunzia, stabilir per regola ferma, e inalterabile d’ortografia, che quelle parole, le quali nella loro corrispondente Italiana hanno la lettera v debbano nel nostro dialetto fissamente scriversi anche col v; e per contrario quelle, che hanno la b, scriversi colla b. Così accodando il nostro dialetto all’ortografia Italiana lo renderemo più intelligibile ai poco esperti in esso. Così scriveremo battaglia e non vattaglia, bascio e non vascio, e per contrario scriveremo venire e non già benire, vedere e non già bedere &c. Ciò faremo in turt’i casi, che il pronunziare come b, o come v sia arbitrario, e libero; ma allor quando è forzosa la pronunzia dell’una, o dell’altra ci atterremo alla pronunzia. Così scriveremo varca, e non barca perchè il Napoletano dice soltanto varca, ed ha lasciato ai Toscani il dir barca.

IV. Generalmente in tutti i casi dubj seguiremo l’ortografia, che più s’accoda alla comune Italiana. Conviene, che ogni figlio si faccia pregio di mostrar rispetto, ed attaccamento alla madre comune, e ben lungi dall’innalzar lo stendardo della ribellione, e della diseordia tra ’l Napoletano, e l’Italiano, noi crediamo non potersi far meglio, quanto il cercare di raddolcire il nostro dialetto, d’italianizzarlo quanto più si può, e di renderlo simile a quello,

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