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NAPOLETANO

te: ma dovesse esser la lingua generale, che perciò egli chiama il Volgare lllustre Aulico Cardinale Cortigiano, se non una lingua morta, almeno una lingua sempre scelta, purgata, e fissa. Non è dispreggio adunque del nostro dialetto, se non ha l’onor di lingua generale, giacche siffatto onore neppure al Toscano compete. Suo dispreggio in oggi è lo scodarsi molto dall’Italiano comune, il che non è avvenuto già, perchè il nostro Pugliese da’ tempi di Dante in quà siesi molto alterato, ma è avvenuto, perchè agli scrittori Toscani, che ci superarono nello zelo di scriver in volgare, ed indi ai Signori Accademici della Crusca è piaciuto risecare dalla lingua comune moltissime voci, e moltissime inflessioni di pronunzia, che ai tempi di Dante erano usate e da’ nostri, e da’ Toscani (che incontransi in quegli stessi scrittori padri della lingua da essi scelti per legislatori), e lasciarvi soltanto quelle parole, e quelle inflessioni, che s’accodavano al dialetto Toscano. Con questa destrezza, e, se ci è lecito il dirlo con un poco di soverchieria avvenne, che gl’idiotismi delle Toscane provincie divennero la lingua, e il nostro se ne trovò distante assai, e sbandito.

Ora continuando la storia del nostro dialetto, veniamo a dire, che fortunatamente son pervenuti fino a noi alcuni frammenti de’ Diurnali di Matteo Spinello da Giovenazzo per opera di Gio: Bernardino Tafuri comunicati al Muratori, che gli pubblicò la prima volta nella sua raccolta degli Scrittori delle cose d’Italia al tom. VII. pag. 1064.

Questo scrittore è indubitatamente il primo,

Dial. Nap.
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