& facea poco viaggio lo forno per non stracquare lo figliulo. Et come se facea notte, lo poneva sopra lo Cavallo. Et come so a la Taverna de Morconente [1], venne ad alloggiare l’Arciprete de Benevento, e sempre tenne mente, quando lo figliulo mangiava alla tavola delli famigli, che parea, che lo sfidato; & mangiava assai delicato; & con tutto, che andava con vestiti tristi, & stracciati, parea sempre, che lo figliulo mostrasse gentilità. Et domandaje a Donatiello, che l’era quillo figliulo, & Donatiello respose, che l’era figlio. Et l’Arciprete rispose: Non t’assomiglia niente. Et esso replicò: Forze moglierema me avarà gabbato. Et poi, le fece granne interrogazioni; & quando andaje a la camera a dormire, intese Donatielio che l’Arciprete tra se parlava di quisto figliulo. Et Donatiello appe paura, che non lo facesso pigliare. Et così a Dio, & alla ventura entraje nella Camera, & se li inginocchiaje a pede a lo letto, dove stava corcato l’Arciprete, & le disse in confesse tutto lo fatto, e pregajelo per amor di Dio, che volesse ponere in salvo quillo povero figliulo. L’Arciprete se disse: Non dicere niente a nullo chiù, e stà di buono, animo. Et lo fece ponere sopra lo carriaggio, & venne isso a la via de Celano, & lo appresentaje salvo alla detta Contessa, & così scappaje. Et quando la Contessa lo vedde così straccia-
- ↑ Oggi la Taverna di Morcone.