— 24 —
Nic. Pure ccà lenite lu re?
Gitovi. Sicuro, e che re!
Giac. E lenite ancora tant’oro e argiento?
Gnom. Tanto che la tua mente non può arrivare a comprenderne la quantità; ma silenzio giunge la fortunata coppia.
Scena IX,
Re, Regina e detti.
Re Quale insolito rumore venne a destarmi momenti fa da un dolce sonno. Cosa fu mai amici?
JReg. Invero ne fui non poco turbata.
Gnomo Nessun spavento. Due abitanti del mondo di là, pervennero nel a tua reggia.
Re L’interrogaste? Bisogna bene guardarsi degli uomini di lassii, dappoiché essi in oggi ben so quante sediziosi arti inventano per arricchirsi, e provvedersi di quei tesori che noi a larga mano possediamo. Dacché privati furono di argento, e di oro altro non fu il loro studio che cercare di averne, e chi bramò farsi eliggere consigliere di comune, o di provincia, chi portar si fece in parlamento, chi inventò banche-truffa, chi quelle dei prestiti a premi. Molti, e molti però senza alcun ritegno aprirono agenzie d’asta pubblica, e novelli la Gala, dietro di uno scrittoio col sorriso sulle labbra succhiano il sangue del povero che ha bisogno del loro prestito.
Reg. E non vi è forse un’altra porzione di quei popoli che pretende arricchirsi al lotto?
Re Speranza da stolti, rovina di famiglie, e due secoli di esperienza non sono bastati a farli ravvedere su questa istruzione tanto immorale, per quanto immorale l’istessa istituzione di chi la istituiva.