Gaet. Kb!.. Ma vuie min avite da di’ buscie! (a Eugenio) (Capite, vene a fa lu spasimante! Ma chillo mò ha ntiso che siete il fidanzato di mia figlia, e nun nce vene cchiù!) Eug. (Ho capito!) Gaet. Intanto, permettetemi un momento! Vado a di’ a lu princepe che la mugliera lu vo’ vedè, si no l’affanno nun se calma, (poi ad Ottavio) Signor Bebé, vuie nun avita di’ buscie, si no site nu cattivo pesolonimo! (via dal primo uscio a sinistra). Eug. Bravo! Lei dunque è il signor Bebé?.. Lei dunque viene spesso in questa casa? Ott. Io sono un uomo... sono vostro padre, e non debbo render conto a voi delle mie azioni! Eug. É giusto!.. Non so che cosa rispondervi, ed il meglio eh* io possa fare è di andar via... (prende il cappello) Permetterete però, caro padre, che io vada a raccontar tutto a mia zia, la principessa. Ott. Oh!... Eug. Oh! questo lo farò, sul mio onore lo farò!.. Non sarete nominato, ma le racconterò ogni cosa con una storiella. Vi è, cara zia, un giovane che ama ed è riamato da una fanciulla onesta. Egli vuole sposarla, e si presenta al padre di lei col suo vero nome. Tutto è stabilito per le nozze. Ma questo giovine è figlio di un signore, di un nobile signore, che, disgraziatamente, ama la stessa fanciulla; però egli non vuole sposarla, nè può sposarla, perchè i suoi nobili parenti vi si oppongono. E che cosa fa? Sotto un falso nome si reca spesso in quella casa, e, incontratovi il figlio, gli dice: Io non dò conto a voi delle mie azioni!... — Ebbène! cara zia, ditemi
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eduardo scarpetta