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miseria e nobiltà

Pasc.Ma in che modo, scusate?
Eug. Voi dovete diventare il marchese Ottavio Fa~ vetti, mio padre, (a Concetta) Voi la contessa del Pero, mia zia, e qualche altro amico vostro... (a Felice) il signore, per esempio, il principe di Casador, mio zio.
Fel. (ridendo) Vuie che dicite, marchesì? Ma chesto è impossibile, io sto cumbinato de chesta manera! Io faccio lu principe de Casanova?!...
Pasc.Che Casanova, Casador!.. Marchesì, ma voi che dite? Come è possibile che noi...
Eug. Si, voi, e dove trovar di meglio? Faremo una bella finzione; io stesso vi presenterò in casa di Gemma.
Fel. Ma, marchesì, scusate, qui non bisogna abbordare. Voi adesso vi trovate accecato dall’ amore, e non badate alle conseguenze; qua bisogna ben ponderare le cose. Chesta nun è na pazziella; si chillo se n’addona e nce fa nu paliatone, nuie addò nce lu jammo a cagnà?
Eug. Ma che! A questo non ci pensate nemmeno, io conosco il tipo. Il padre di Gemma è un asino, e quando crederà di avere in casa una famiglia tanto nobile, per la troppa gioia non comprenderà più niente, e io avrò tutto il tempo di riuscire nel mio scopo.
Fel. Allora va bene.
Pasc.Io chi songo, chi songo?
Eug. Mio padre, il marchese Ottavio Favetti.
Pasc.Io so Favetta.
Fel. E io, e io?
Eug. Mio zio, il principe di Casador.