Lui. Chillo che t’avarrisse da mettere a arrobbà nzieme co nuje…
Pul. (Oh! chesto me mancava!)
Lui. Guè, o arruobbe, o muore.
Pul. Nò, io arrobbo, tanto più che questa è una professione libera… mme dispiace che non ne ho dato ancora alcuno esame!…
Lui. Si tu vuó, te mparo io.
Pul. Embè sò lesto, mparame e mietteme subeto all’ordine del giorno.
Lui. Sì, eccome ccà a me. Per esempio, miettete sto soprabito, sto gilè, (prende della roba da una valigia, e veste Pulcinella; lazzi a piacere) Tu faie lo signore che sta mbiaggio, e io lo brigante. A te, fa vedè che cammine a cavallo…
Pul. Se lesto. (esegue)
Lui. Faccia a terra.
Pul. A lo cavallo?
Lui. Penza a te, lo cavallo se n’è fujuto.
Pul. Va bene!
Lui. La primma cosa che s’addimmanna è la borza.
Pul. Aggio capito.
Lui. La borza o la vita?
Pul. Comm’aggio da dicere?
Lui. Eccola.
Pul. Eccola.
Lui. Levatevi il gilè, il soprabito, la camicia…
Pul. E pò resto annuda.
Lui. Questa è una finzione. Avete niente più?
Pul. Gnernò.
Lui. Ebbene partite senza voltarvi addietro. Chillo se ne va, e tu te piglie lo bottino e te lo sparte nsieme co li compagne. Tiene, teccote lo fucile. Mo faccio io lo signore, e tu lo brigante.
Pul. Simmo lesto. Tu vaje a cavalle o a pede?