SCENA VII.
Un servo, e detti, poi Antimo, poi Federico e due Guardi E, indi servo col lume.
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Servo — È morta Carmela e lo miedeco, e la signora se sta sturzellanno co li convulzione.
Timoteo — (Salendo le scale.) Vi che m’ha saputo combina Alessio e lo figlio.
Alessio — Sangue de Bacco è isso, chillo mo me trove ccà, e io che le dico?
Servo — Ah! chisto ha da essere lo miedeco — Dottò. favorite, favorite, (prende Alessio pel braccio).
Alessio — Che volete?
Servo — Trasite, che la signora mo more co na convulzione.
Alessio — Ma io...
Servo — Priesto, trasite. (lo fa entrare e chiude).
Felice — Mo è lo momento de scappa (nel fuggire s'imbatte con Angelarosa Federico, eGiuseppina).
Angelarosa — Ah! è isso!
Federico — Ah! è isso!
Angelarosa — Ah! birbante, t’aggio ncucciato.
Felice — La vecchia!
Angelarosa — D. Federi, chiammate na guardia, subito!
Federico — Tenitelo forte io corro a chiammà la guardia (via).
Timoteo — La voce de moglierema! mo stuto lo lampione (esegue).
Antimo — E che d’è, lo palazzo sta oscuro. (Felice fugge e s imbatte con Antimo, dandogli un forte spintone), Mariuole! mariuole! (Felice gli dà un pugno sul cappello a tubo che gli scende sugli occhi e va per uscire ma sente la voce di Federico che dice:)
Federico — Ccà, ccà, guardie, venite.
Felice — Mbomma! la forza! (a tentoni trova la porta della rimessa, V apre e si precipita dentro, chiudendo la porta dietro di lui, si sente abbaiare il cane).
Antimo — (Fadei sforzi per cavarsi il cappello ed urta con Federico).
Federico — Eccolo! Arrestatelo!