ancora. Un atto di incitamento segue… ma le forze gli vengono meno La voce diventa roca… Un grido. — Annaspa con le mani il vuoto. Si abbatte e cade riverso sul lettuccio.)
Rachele — (È accorsa presso il figlio. E lo ha raccolto nelle braccia)
Pulcinella — (Non si è accorto ancora di nulla. Continua a declamare) Basta, moglie, con questi accenti bollenti, cocenti, che toccano tutto il sistema metrico decimale della mia bassa zona… Damme a magnà, si no piglio il baculorum e l’imparo la screanzata creanza!..
Rafele — (Guarda verso il piccino. Vede Rachele che lo scuote, lo chiama. Si precipita verso il gruppo pietoso). Rachè! Rachè!
Rachele — (Scuote il piccino) Giacumì! Giacumì! (Lo chiama disperatamente) (A Rafele) Ha sturzellato ll’uocchie… Rafè! Rafè!… (Al piccino, con grido di forsennato dolore). No! No! Nun ce lassà!… Giacumì… Giacumì!…
Rafele — (Ha strappato dal volto il mascherino. Ha gettato il berretto bianco a cono a terra. Adesso accosta il suo volto pallido a quello del figlio morto) Nun rifiata cchiù… Rachè!… (Dà un grido) Giacumì!… (Lo scuote) Ride… Giacumì… ride!… (Lo scuote) Ride! La voce e tutta un urlo di disperazione. Si getta sul piccolo morto, singhiozzando disperatamente).
Dalla casa vicina, giunge ora la voce dell’altra madre che culla, felice, il suo piccino:
Nonna… nonna… nonna… nunnarella
’O lupo s’ha magnato ’a pecurellaaa!…
In fondo Napoli scintilla, nella serena notte lunare della gaiezza delle sue mille luci, che la illuminano, si riflettono nell’azzurro del mare.
La tela discende lentamente.