SCENA VIII.
Altra stanza con lumi. D. Alf e D. Lopez indi Pulcinella
Alf. Eccovi nipote la stanza assegnata per il duello. Cimentatevi col vostro avversario, che poi sarà mia cura di fare che il tutto riesca a lieto fine. (via)
Lop. Che ha inteso dire mio zio, che il tutto debba riuscire a lieto fine. Io non capisco... Ma D. Giovanni non viene... Che volesse, oh, sento rumore... Eccolo per l’appunto.
Pul. (si avanza pauroso)
Lop. Avanzatevi D. Giovanni.
Pul. Io non tremmo, è na terzana che mm’è afferrata justo a sto momento.
Lop. Perchè andate guardando attorno timido e sospettoso?
Pul. (Nce volesse mo, e chillo diavolo de lo patrone, non avesse da vení).
Lop. D. Giovanni noi dobbiamo duellarci.
Pul. Già.
Lop. Avetə a dirmi qualche cosa prima di batterci.
Pul. Oh, parecchie cose.
Lop. E sarebbero.
Pul. Nuje mo pecché volitiamo mettere la sanità nosta a questione? Invece de fa lo doviello co le spate, dammoce quatte ponie ncopp’a l’uocchie, e po trasimmoncenne dinto a na taverna, e llà nce facimmo scennere la collera a bascia, co na bona mangiata.
Lop. Io non sò quel che dite, a noi.
Pul. Aspè, comme vaje de pressa. E non buò primma.
Lop. Avete ragione. Ecco il mio petto. (lo scopre) Ci é niente ?
Pul. Gnorsì.
Lop. E che cosa.
Pul. La cammisa no poco sfattulella.
Lop. Lasciatemi vedere il vostro.
Pul. Ecco cca; pozz’allattà quatto criature. (E bì chillo quanno mmalora vene).
Lop. A noi.Pul. A nuje.
Lop. Ah...
Pul. Ponta nterra.
Lop. E perchè?