Paggena:Rimatori napoletani del Quattrocento.djvu/143

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Mongua la chacta la roppera
Sì quiercs sor mi entendera
Mcngua la chacta la roppera
Si quieres scrmi cn namorada

La dona quando se Icuanta
Sccqua tiene la garganta
Del buen vino ademanda
Donde sta la tauernara [1]
In un mar mia vita e colta
Che non ioua ci mangare
E non ualcnte supplicare
Cha cui chiamo non mascolta.

  1. Versi spagnuoli, ne' quali si sente l'influenza della lingua italiana. Dicono probabilmente: < La gatta inganna la formaggiaia, se vuoi essere mia corrìspondente; la galla inganna la formaggia, se vuoi essere innamorala mia. La donna, quando si leva, ha la gola secca, domanda del buon vino, dove sia la laternaia. Vuol dire che la donna, cui è indirizzato questo canto, non isperi d'intendersela con lui, ne di dominarlo per via d'amore, come non è sperabile che la gatta inganni colei che fa i formaggi, o, in genere, la guardiana. Ciò lega con gli antecedenti, ne' quali il rimatore parla della donna del suo cuore, ben diversa dalla civettuola, o donna volgare, cui dirige questa sentenza e l'altra, con che la somiglia ad un'assetata di vino vendereccio o da bettola (cioè, guasto:) lega co' conseguenti, dove il rimatore torna all'oggetto de' suoì pensieri Tavernara (parola del dialetto) = sp. tabenere= tavernaia.