race umico suo c suo ostinalo ammiratore — è un’affliggenlc rivelazione. Si, non prima di iersera, e soltanto in seguito a una modesta e leale lettera di Salvatore di Giacomo — j| cui nome era figuralo sui manifesti e nei giornali come se fosse stato lui l’autore della commedia che rappresen lavasi alla Fenice — non prima di iersera, dunque, Achille Torelli ebbe il coraggio di dire a! pubblico di Napoli: questa commedia è mia. Non prima di iersera, egli, l’autore dei Mariti, senti il desiderio, il bisogno, il dovere e il diritto di correggere l’errore o chiarire l’equivoco del manifesto.
II manifesto applicato alle cantomte, nei caffè, nelle trattorie, nelle farmacie variando di colori e di dimensioni, diceva cosi: «Lo buono marito fa la bona mugliera, commedia di SALVATORE DI GIACOMO’; c più sotto leggevasi a caratteri minori: « tratta dai Mariti di Achille Torelli ».
Dopo la correzione o il chiarimento, il manifesto, almeno pei lettori del Piccolo, era radicalmente modificato; ed esso diceva precisamente ccsi:
« Lu buono marito fa la bona mugliera, commedia di ACHILLE TORELLI»; c più sotto, si capisce, a caratteri minori: «riveduta nella forma popolare da Salvcttore di Giacomo ».
E quale sia la rivelazione affliggente mi piacerebbe non piecisare, se non credessi pericolosi i malintesi dell’ambagiiilà. La rivelazione è questa: Achille Torelli non aveva avuto il coraggio di assumere la responsabilità d’una commedia sua.
« Per quale ragione poi — scrisse egli al povero Salvatore di Giacomo che per pochi giorni avevi dovuto provare le tormentose emozioni d’un autore drammatico soltanto per avere riveduta la forma popolare d’una commedia altrui — per quale ragione poi io avrei desiderate che figuraste voi come autore della commedia dirò un’altra <,olta ».
Ebbene, nessuna ragione buona, nessuna ragione legittima, nessuna ragione giusta può consigliare un artista ad attribuire ufficialmente ad altri ciò che è opera sua. L’artista vuole nascondersi, per modestia, per mitezza d’animo, sia anche per sfiducia ?
Si nasconda pure; ma farsi sostituire nella paternità, — no ! Ne discapita lui, e ne discapita chi lo sostituisce.
E la paternità di Achille Torelli questa volta è doppia. Questa volta egli è l’autore dei Mariti, cioè l’Achille Torelli quasi leggendario, ed è — come per una dolce reminiscenza, come per un lieto ritorno al passato, senza filosofia, senza malinconia, senza ammaesframenti, senza (flusso e senza Platone — è l’autore d’una stupenda commedia napoletana.
Dopo la prova generale, che destò in una ristretta ma eletta schiera d’amici invitati il più vivo entusiasmo, il duca Proto, nella consueta rumorosa vivacità deJla sua digerita erudizione, tutto soddisfatto, andò gridando:
Era commedia togata; e adesso è diventata commedia tabernaria !