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Furbo l’impresario del Teatro Nuovo, il quale, vedendo che il suo repertorio non s’alimentava abbastanza della vena dei poeti, si diede animo e corpo allo Scarpetta, che, bene o male, gli offriva un repertorio; e più bene che male, perchè le sue farse traggono e i nostri piagnistei annoiano. E il Pantalena, con la Magnetti, mettendo insieme una nuova compagnia, si vide appunto nell’impossibitità di andare avanti alla lunga, avendo poche belle commedie, ridotte anche a più poche, perchè la Magnetti, pur essendo un’ottima, seducentissima artista, non è una mattadora; e, pertanto, esclude dal suo repertorio tutte le produzioni che non si con fanno al suo temperamento. Nè le do torto.

Dunque, per l’indolenza di un grande attore (il Pantalena), per l’irrequietezza di un altro attore (lo Scelzo), che non ha saputo fare emergere una grande attrice (Leonilda Scelzo), per amor proprio di una brava attrice (la Magnetti) e specialmente per la deficienza della vena comica negli autori, la nostra commedia paesana pericola ancora in un mare infido. Ma Ernesto Murolo, riusciva a trarla in porto, perchè nei disegni dove sono indispensabili le forze collettive, se impera l’egoismo, il fallimento è sicuro.

Mi dicono che lo Scarpetta, vedendo a Firenze la statua di Dante, uscisse a dire: «Sì; ma isso non s’è fatto ’nu palazzo ’e case!» Aveva ragione! Occorre essere incurabilmente malati di eroismo artistico per tenersi fedeli ali Arte e ridursìi a patire la fame! Senza contare che

Sempre Tuoni non volgare
o scavalcato o inutile si spense.

Ma se, a produrre commedie, voi, nuovi autori napoletani impiegaste metà dell’ingegno che sciupate a scavalcarvi l’un l’altro, occupereste meritevolmente il posto a cui qualcuno fra voi sale; e risparmiereste a voi stessi triboli che immancabilmente vi attendono dal credervi tanti genii.

Tutti i dolori della mia vita derivarono dal reputarmi maggiore di quello che ero!

Ed ora guardo, senza far parole,
ma con pietà superna
a chi si crede un sole
e a stento è una lucerna.

ACHILLE TORELLI