lucente e l’abbacina; ma poi torna, torna sempre, ora umile, ora superba del suo potere, ora tutta in pianto, ora tutta lume, di riso giovanile. La sua storia è fatta di fughe e di ritorni; e la storia del suo pittore è fatta del pensiero di lei, un pensiero cocente, un pensiero disperato, che dà l’insonnia, che distrugge l’ingegno, e uccide lentamente.
I tre atti sono tre ritorni di Vicenzella: l’ultimo è più drammatico. Viene alla casa del pittore non più col suo visuccio tra infantile e protervo; viene butterata, deformata dal vaiuolo. Piccole vicende: tre ritornelli della stessa canzone; un po’ uguali, un po’ monotoni nella loro apparenza esteriore, ma intimamente diversi, e diversi poeticamente, anche se teatralmente identici. Teatralmente, sì, non c’è che dire, questa commedia non si muove: si rifà continuamente: il primo atto si rinnova più vasto nel secondo; il secondo si rinnova più nero nel terzo. E i soli stati d’animo che il Bovio ha riprodotti sono quelli della rondine che torna a primavera alla gronda: torna una volta impetuosa, torna una seconda volta piena di trilli, torna la terza con l’ala stroncata. Sì, questo dramma manca di struttura, manca di sviluppi, di moti progressivi, manca di cause, manca di conseguenze. Non c’è che dell’amore che canta. Ma come canta bene.
E poi c’è un mondo di artisti riprodotti con una passione intenerita, un gruppo di pittori malati di passione per l’arte loro, una schiera di artisti che i De Goncourt avrebbero amati. Val la pena di vederli come ci appariscono nel secondo atto, uno dei più fioriti, festosi, chiari, commoventi atti del nostro teatro, nel quale l’autore ha trovato dei rapporti spirituali tra gli uomini e l’ambiente veramente deliziosi. E nel centro dell’alto una donna cieca. la madre del protagonista, la più bella figura della commedia, serena, alta di ogni più umana umiltà, sorridente dal buio. Quando parla sembra sfiori il cuore di un suo figlio, tanto rispettosa è del dolore della sua creatura. Ma quando Vicenzella viene per l’ultima volta, viene brutta, viene distrutta, quella madre si identifica nel figlio; la sua vita che in lei s’è soppressa rivive perchè ormai con quella del figlio s’è confusa. E la vecchia a Vicenzella che vuol partire per sempre, perchè il suo amante, il suo amore, non la vegga qual è, grida le parole stesse che egli le griderebbe, perchè queste parole che egli non ha dette, le ha sentite tutte rifluire dal silenzio al suo core materno. Non occorre che io sottolinei la bellezza