Paggena:Teatro - Salvatore di Giacomo.djvu/455

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atto unico

Una voce

Eggià! Secondo te io mm’aveva spariglià ll’asse! Pare c’accussì facevano una vota cappotto!

L'altra voce

Tu nun saie manco cappotto che bo’ di’!...

La prima voce

La cosa più brutta è la prosunzione...

L'altra voce

Va bene!... Comme dice tu!... Ma n’ata vota...

(Le voci s’allontanano. Torna il silenzio. Ma appena le ha udito da principio Raffaele s’è accostato alla finestra, l’ha schiusa, è rimasto a udire, ritto nell’angolo tra la stanza e la vetrata, protendendo il capo. Cessate le voci egli si prova ad affacciarsi, cauto. Spia nel buio della stradicciuola. Si vedono, rimpetto, ballare le coppie. Si riode più distinta la musica ch’è ricominciata. Raffaele si ritrae. Vorrebbe chiamar la figlia. Fa quasi per chiamarla, riavvicinandosi alle vetrate.

Raffaele

Sil!...

Il suono stesso della sua voce strozzata lo percote, lo spaventa. Egli afferra, smarrito, l’origliere ch’è sul lettuccio della figlia e se lo preme sulla bocca. Cade quasi a sedere su quel lettuccio. Pone la faccia stravolta sull’origliere. La musica cessa rimpetto e quella camera si vuota a mano a mano. Raffaele si leva, e rinserra la finestra. Poi va lentamente al comò: di là sopra prende il piattello ove Silvia