Come appassionato della Lingua Napoletana, assisto, qualche volta imbarazzato, ma più spesso infastidito, alla scarsa attenzione che molti, troppi, oggi hanno nei confronti del nostro amato idioma. Dal ragazzino che manda

l'sms (scusabilissimo!), a quello che scrive sui muri (parecchio meno

scusabile, ma per altri motivi...), al paroliere squattrinato che

scrive strofette sgrammaticate per l'ennesimo "cantantucolo d''e quartieri", all’editorialista che chiosa (in buona fede) sul quotidiano.

Insomma, una nutrita schiera di "dilettanti allo sbaraglio", che

pescano un po' nella memoria, un po' in qualche vago appiglio

idiomatico, preso a prestito da una strofetta o un ritornello di una qualche canzuncella, magari

ben presente nella memoria, ma mai una volta letta o scritta.

La nostra, si sa, è più una lingua parlata che scritta: lo sono tutte

quelle popolari, specie se sono "parallele" a quelle ufficiali (lo

sono un po' tutti i dialetti in Italia, eccezion fatta per il toscano,

ma in quest'ultimo caso si sa di chi è la responsabilità…).

Ma se è vero che il fenomeno interessa un  ampio pubblico, è altrettanto vero che, più che polemizzare a vuoto, o ritrarsi nella “torre eburnea” dell'intellettualismo colto e

distaccato (ma così non è la miglior Cultura napoletana, sempre

intrisa di miseria e nobiltà, di sacro e profano, di colte citazioni e

massime del "popolino"…), ecco allora io credo sia il caso di non limitarsi alla facile denuncia e cercare le cause, e, se possibile, i rimedi.

Certo, è vero, che illustri del passato ci hanno regalato

mirabili poesie, versi di canzoni eterne, opere liriche struggenti,

prose teatrali argute, in un napoletano impeccabile, sia sotto il

profilo grammaticale, che sintattico; sia nella ricerca dell'etimo

appropriato, che nella 'boutade' a effetto, o nella licenza poetica

più azzeccata. Eppure, se si escludono alcuni giganti provenienti

dalla più alta accademia (Matilde Serao, fra tutti), non credo che gli

altri (gli Scarpetta, i De Filippo, i De Curtis) si siano inerpicati

più su di una qualche classe elementare...

E allora? E allora si potrebbe insinuare un dubbio, un "tarlo", 'nu chiuvetiello, 'na semmenzella, e

cioè che forse s'avrebbe bisogno di qualcuno che, in modo accattivante

ma serio, leggero ma corretto, divertito ma rigoroso, insegni la

lingua napoletana, prima le basi, poi le costruzioni più complesse.

Spieghi, in modo non pedante beninteso, le semplici regolette delle

elisioni, degli accenti, ma anche le coniugazioni, le costruzioni

sintattiche, l'etimologia, ecc.

Ho fatto una (sommaria, in verità) ricerca sui principali motori di

ricerca disponibili sul web, e non mi sono imbattuto in una sola

scuola di napoletano, nè in un agile libercolo di grammatica, né

tantomeno in un corso, anche serale, di un qualsiasi istituto pubblico

o privato. Nulla in città, deserto addirittura fuori le mura...

Da qui la proposta: se fosse vero che il contesto è di "deserto", se

davvero non ci sono iniziative (ma pregherei di verificarlo bene, per

evitare di sollevare un polverone e poi sentirsi dire che il tale

organizza da trent'anni i corsi o che il tal manualetto ha stampato

chissà quanti milioni di copie in tutto il mondo…), occorrerebbe

sollecitare l'opinione pubblica, le redazioni dei giornali, gli

editori, le associazioni, le fondazioni culturali, l'accademia, le

scuole pubbliche, e quanti altri, affinché si studino progetti di

insegnamento della lingua napoletana.

Io vedrei bene un editore della stampa quotidiana (Repubblica? il

Mattino?, solo per citare i big, ma ce ne sono altri) che pubblichi una sorta di inserto a

puntate, una specie di piccola (mi raccomando, piccola!) enciclopedia

a fascicoli, magari che strizzi l'occhio alle nuove tecnologie

mediatiche (chesso', una serie su una piattaforma TV, con richiami audio - canzoni o

poesie -, o video - pièce teatrali, spezzoni di film, registrazioni

televisive), a quelle informatiche (Facebook, Instagram, ecc.).

Ma se la cosa fosse complicata (complicare le cose semplici è lo sport

in cui noi italiani primeggiamo…), mi

accontenterei di una rubrica sul giornale della domenica, una

trasmissione televisiva su 'Tele-Forcella'...

Sono convinto che, studiata bene e con mezzi adeguati, l'iniziativa

farebbe strada e potrebbe contagiare altre situazioni. Un dato: negli

USA, la lingua non locale più studiata è… l'Italiano! Inutile

indagarne i motivi (facili da immaginare, per la verità). E allora, se

si provasse ad insegnare il napoletano? Sono convinto che anche

oltreoceano (ma ancor di più in Italia!) ci richiederebbero un tale

servizio.

Che dire, vogliamo finire in politica? Embe', un progetto di

federalismo, che voglia dirsi serio, passa anche attraverso la

valorizzazione delle risorse culturali locali. Penso che questa, se

colta con il giusto anticipo, potrebbe essere la migliore risposta ad

una cultura (se così vogliamo chiamarla…) di discriminazione e di

intolleranza, da Salvini in giù…

Da un caro amico libraio napoletano, ho saputo che è in programma l’uscita di un dizionario di napoletano, sotto l’egida dell’Accademia della Crusca. Per me, che vivo a Firenze, sarebbe un onore ed un piacere, poter interloquire con qualcuno dei referenti.

Un caro saluto e ancora complimenti per il tuo impegno.

Gennaro (uno dei tanti...) - Firenze