Gennaro Giliberti
Come appassionato della Lingua Napoletana, assisto, qualche volta imbarazzato, ma più spesso infastidito, alla scarsa attenzione che molti, troppi, oggi hanno nei confronti del nostro amato idioma. Dal ragazzino che manda
l'sms (scusabilissimo!), a quello che scrive sui muri (parecchio meno
scusabile, ma per altri motivi...), al paroliere squattrinato che
scrive strofette sgrammaticate per l'ennesimo "cantantucolo d''e quartieri", all’editorialista che chiosa (in buona fede) sul quotidiano.
Insomma, una nutrita schiera di "dilettanti allo sbaraglio", che
pescano un po' nella memoria, un po' in qualche vago appiglio
idiomatico, preso a prestito da una strofetta o un ritornello di una qualche canzuncella, magari
ben presente nella memoria, ma mai una volta letta o scritta.
La nostra, si sa, è più una lingua parlata che scritta: lo sono tutte
quelle popolari, specie se sono "parallele" a quelle ufficiali (lo
sono un po' tutti i dialetti in Italia, eccezion fatta per il toscano,
ma in quest'ultimo caso si sa di chi è la responsabilità…).
Ma se è vero che il fenomeno interessa un ampio pubblico, è altrettanto vero che, più che polemizzare a vuoto, o ritrarsi nella “torre eburnea” dell'intellettualismo colto e
distaccato (ma così non è la miglior Cultura napoletana, sempre
intrisa di miseria e nobiltà, di sacro e profano, di colte citazioni e
massime del "popolino"…), ecco allora io credo sia il caso di non limitarsi alla facile denuncia e cercare le cause, e, se possibile, i rimedi.
Certo, è vero, che illustri del passato ci hanno regalato
mirabili poesie, versi di canzoni eterne, opere liriche struggenti,
prose teatrali argute, in un napoletano impeccabile, sia sotto il
profilo grammaticale, che sintattico; sia nella ricerca dell'etimo
appropriato, che nella 'boutade' a effetto, o nella licenza poetica
più azzeccata. Eppure, se si escludono alcuni giganti provenienti
dalla più alta accademia (Matilde Serao, fra tutti), non credo che gli
altri (gli Scarpetta, i De Filippo, i De Curtis) si siano inerpicati
più su di una qualche classe elementare...
E allora? E allora si potrebbe insinuare un dubbio, un "tarlo", 'nu chiuvetiello, 'na semmenzella, e
cioè che forse s'avrebbe bisogno di qualcuno che, in modo accattivante
ma serio, leggero ma corretto, divertito ma rigoroso, insegni la
lingua napoletana, prima le basi, poi le costruzioni più complesse.
Spieghi, in modo non pedante beninteso, le semplici regolette delle
elisioni, degli accenti, ma anche le coniugazioni, le costruzioni
sintattiche, l'etimologia, ecc.
Ho fatto una (sommaria, in verità) ricerca sui principali motori di
ricerca disponibili sul web, e non mi sono imbattuto in una sola
scuola di napoletano, nè in un agile libercolo di grammatica, né
tantomeno in un corso, anche serale, di un qualsiasi istituto pubblico
o privato. Nulla in città, deserto addirittura fuori le mura...
Da qui la proposta: se fosse vero che il contesto è di "deserto", se
davvero non ci sono iniziative (ma pregherei di verificarlo bene, per
evitare di sollevare un polverone e poi sentirsi dire che il tale
organizza da trent'anni i corsi o che il tal manualetto ha stampato
chissà quanti milioni di copie in tutto il mondo…), occorrerebbe
sollecitare l'opinione pubblica, le redazioni dei giornali, gli
editori, le associazioni, le fondazioni culturali, l'accademia, le
scuole pubbliche, e quanti altri, affinché si studino progetti di
insegnamento della lingua napoletana.
Io vedrei bene un editore della stampa quotidiana (Repubblica? il
Mattino?, solo per citare i big, ma ce ne sono altri) che pubblichi una sorta di inserto a
puntate, una specie di piccola (mi raccomando, piccola!) enciclopedia
a fascicoli, magari che strizzi l'occhio alle nuove tecnologie
mediatiche (chesso', una serie su una piattaforma TV, con richiami audio - canzoni o
poesie -, o video - pièce teatrali, spezzoni di film, registrazioni
televisive), a quelle informatiche (Facebook, Instagram, ecc.).
Ma se la cosa fosse complicata (complicare le cose semplici è lo sport
in cui noi italiani primeggiamo…), mi
accontenterei di una rubrica sul giornale della domenica, una
trasmissione televisiva su 'Tele-Forcella'...
Sono convinto che, studiata bene e con mezzi adeguati, l'iniziativa
farebbe strada e potrebbe contagiare altre situazioni. Un dato: negli
USA, la lingua non locale più studiata è… l'Italiano! Inutile
indagarne i motivi (facili da immaginare, per la verità). E allora, se
si provasse ad insegnare il napoletano? Sono convinto che anche
oltreoceano (ma ancor di più in Italia!) ci richiederebbero un tale
servizio.
Che dire, vogliamo finire in politica? Embe', un progetto di
federalismo, che voglia dirsi serio, passa anche attraverso la
valorizzazione delle risorse culturali locali. Penso che questa, se
colta con il giusto anticipo, potrebbe essere la migliore risposta ad
una cultura (se così vogliamo chiamarla…) di discriminazione e di
intolleranza, da Salvini in giù…
Da un caro amico libraio napoletano, ho saputo che è in programma l’uscita di un dizionario di napoletano, sotto l’egida dell’Accademia della Crusca. Per me, che vivo a Firenze, sarebbe un onore ed un piacere, poter interloquire con qualcuno dei referenti.
Un caro saluto e ancora complimenti per il tuo impegno.
Gennaro (uno dei tanti...) - Firenze