Del dialetto napoletano - Ferdinando Galliani (1789)/De' Nomi e De' Verbi

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[p. 15 càgna]

De’ Nomi, e de’ Verbi.

S U’ nomi non abbiam cosa importante da avvertire. La loro declinazione è limile alla comune Italiana.

Rispetto ai plurali avvertiremo, che la maggior parte de’ nomi mascolini, o che abbiano nel singolare la desinenza in a, o in o, o in e, i quali nell’Italiano prendono la desinenza in i nel plurale, nel Napoletano la prendono in e; sopratutto que’, che, sebbene mascolini, hanno la desinenza del singoiare in a, come Poeta, Pianeta, Profeta &c. Il loro plurale Napoletano finisce in e, come

Poete per Poeti.   Vierme   Vermi.
Profete Profeti. Piettene Pettini.
Miedece Medici Prievete Preti.
Spasse Spassi Patrune Padroni.

Riguardo agli articoli avvertiamo, che i Napoletani non hanno l’articolo il, ma soltanto lo. Sentendo un il per disgrazia, già par loro sentir quel suono di dialètto Toscano, che mal possono sopportare. Merita esser avvertito, che di tutti i dialetti d’Italia, quelli, ai quali hanno maggior naturale, ed organica avversione, sono il pretto Fiorentino e il Calabrese. Sopportano pazientemente tutti gli altri, ma sentendo quelli s’irritano, e quasi entrano in convulsione, nè possono trattenerli dallo schernirgli e beffeggiarli controffacendo, subito i Fiorentini coi oh ohi, e i Calabresi colle desinenze in u Giangurgulu, Cori meu, Frustatu &c. Inde [p. 16 càgna]furor vulgo, quod nomina vicinorum odit uterque locus. Avvertiremo anche, che il Napoletano spesso elide la l dall’articolo, e dice o patre, a mamma, o Rè, a Regina, accettandoli così vieppiù all’articolo Greco.

Su’ pronomi ci contenteremo avvertire, che i pronomi mio, tuo, suo, che spesso da’ Toscani sogliono cottruirsi, preponendogli al sustantivo, dicendo, per esempio, il mio uomo, il tuo cavallo, in Napoletano debbono costruirsi impreteribilmente posponendogli, e dire l’hommo mio, lo cavallo tujo. Dir lo mio hommo, lo tujo cavallo, sarebbe una mottruosità, un orrore. Un Napoletano, che sentisse dir mia mamma avrebbe tal paura, che griderebbe subito mamma mia!

Ne' generi s’incontra qualche varietà dal Toscano. Bizzarra, e rimarchevole è ne’ nomi delle frutta. Lo piro ed in genere mascolino dicesi la pera frutto, non men che l’albero; nel plurale poi diconsi le pera; lo milo nel singoiare, nel plurale le mela; lo pruno, le pruna; lo crisaommolo, le crisommola; lo percuoco, le percoca; lo suorvo, le sorva; lo niespolo, le nespola. Non è però errar di lingua, se nel plurale si dasse ai nomi di questi frutti la desinenza in e, benché sia meno usitata. Oltre ai suddetti nomi ve n’é anche qualche altro, nel quale avviene quella mutazion di genere passando al plurale, come lo nudeco, nodo, che nel plurale fa le nodeca. Per altro non è intutto esente il comune Italiano da quella anomalia, giacchè il braccio fa te braccia, il dito le dita &c.

Rispetto ai verbi avvertiremo per regola [p. 17 càgna]generalissima, che la seconda persona del singolare del presente, dell’imperativo, e del soggiuntivo, e dell’ottativo, che nell’Italiano terminano in i, nel nostro dialetto pigliano la terminazione in e; ma d’un e muta, e tanto chiusa, e ristretta, che quasi non si distingue, se sia un e, o un i. L’Italiano dice io amo, tu ami, quello ama, ed il Napoletano dice io amo, tu ame, chillo ama. Parimente dice tu amave per amavi; tu amarrisse per tu ameresti; tu amarraje per tu amerai. In somma non vi è in nessun verbo del dialetto verun tempo, o perfona, che abbia la desinenza in i. Ma meglio s’intenderà con mettere per disteso la conjugazione d’un qualche verbo, non men che quella degli ausiliarj necessaria alla coniugazione di tutti gli altri.

Amare[1].


Pres. I

O amo, tu ame, chillo ama.

Nuje amammo, vuje amate, chille amano.

Imp. Io amavo, amave, amava.
[p. 18 càgna]
Amavamo, amavate e amaveva, amavano.
Perf. Amaje, amasse, amaje.

Amajemo, amasteve, amajeno.

Pluſ: perf. Io aveva amato &c.
Imper. Ama tu, amammo, amate, ameno.
Fut. Amarraggio, amarraje, amarrà.

Amarrimmo, amarrite, amarranno.

Ottat. Amasse, amasse, amasse.

Amassemo, amassevo, amassero.

Sogg. Amarria, amarrisse, amarria.

Amarrissemo, amarrissevo, amarriano.

Avere.

Pres. I

O aggio, su aje, chillo ave.

Nuje avimmo, vuje avite, chille hanno.

Imp. Io aveva, avive, aveva.

Avevemo, avevate, avivevo, avevano.

Perf. Io avette, e appe: aviste: avette, e appe.

Avettemo, e appemo: avistevo: avettero, e appero, eppero.

Piuchep. Io aggio avuto &c.
P. P. Lo aveva avuto &c.
Fut. Io avarraggio, avarraje, avarrà.

Avarrimmo, avarrite, avarranno.

Imp. Agge tu, aggia chillo.

Aggiamo: avite, aggiate: aggiano.

[p. 19 càgna]

Ott. e Sogg.

Pres. C

H’io aggia, aggi, aggia.

Aggiamo , aggiate, aggiano.

Imp. Io avesse , tu avisse, chillo avesse.

Avessemo, avissevo, avessero.

Io avarria, avarriste, avarria.

Avarriamo, e avarrissemo, avarrissevo , avarriano.

Perf. aggio avuto &c.
P. P. Io avesse , e avarria avuto &c.
Fut. Avarraggio avuto &c.
Inf. Avè, e avere.

Ave avuto.

Ger. Avenno
Sup. Avuto &c.

Essere.

Pres. I

O songo tu si, chillo è, eje, ene, ec.

Simmo , site, songo, e sò.

Imp. Io era, iere, era..

Eramo, e eravamo : eravate, e erate: erano.

Perf. Io fuje, fuste, fuje, e fu, e fò.

Fujemo, fustevo, fureno, e furo, e foro.

Io songo stato &c.

P. P. Io era stato &c.
Fut. Sarraggio, sarraje, sarrà.

Sarrimmo, sarrite, sarranno.

Imp. Sii, e singhe , sia..

Siate, siano e sengano.

[p. 20 càgna]

Ott. e Sogg.

Pres. C

H’io sia, sii, sie, e senga.

Siamo, siate, siano.

Imp. Io fusse, e fosse, tu fusse, chille fosse.

Fossemo , fussero, fossero.

Sarria, sarriste, sarria.

Sarrissemo, e sarriamo, sarrissevo, e sarristevo, sarriano.

Perf. Ch’io sia stato.
P. P. Ch’io fosse , e sarria state.
Fut. Sarraggio stato.
Inf. Essere.

Essere stato.

Ger. Essendo stato.

Stimiamo rapportare a disteso la conjugazione del verbo Andare, il quale se nell’Italiano è pieno d’irregolarità per trovarsi formato da due verbi ambi imperfetti, e manchevoli, cioè dal verbo vado, e dal verbo andare, nel Napoletano lo è dippiù, perchè vi ha parte anche il verbo Ire anche esso di origine latina come il vado, e non dipendente dal verbo andare, del quale l’origine è forse dalle lingue settentrionali.

Andare.

.
Pres. V

Ado, e vao; vaje; và, vace.

Annammo, e jammo; annate, e jate; vanno.

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Imp. Jeva , e jea, e annava ; jive, e annave; jeva, e annava.

Jevamo, e annavamo ; jivete, e annavate ; jevano, e annavano.

Perf. Annaje, e jette, e jeze ; annaste, e jiste ; annaje, e jette, e ghio.
Annajemo, e jettemo, e jezemo ; annastevo, e jisteve ; annajeno, e jezero , e jirono.
Plus. Perf. Io era annato, o era juto , e ghiuto &c.
Fut. Annarraggio, e jarraggio ; annarraje , e jarraje ; annarrà, e jarrà.
Annarrimno, e jarrimmo ; annarrite, e jarrite ; annarranno, e jarranno.
Ottat. Annarria, e jarria ; annarrisse, e jarrisse ; annarria, jarria.

Annarriamo, e jarriamo ; annarrissevo, e jarrissevo ; annariano, e jarriano.

Sogg. Annasse, e jesse ; annasse, e jisse ; annasse, e jesse.

Annassemo , e jessemo ; annassevo, jissevo; annassero, e jessero.

Imp. Va tu. Vada, e vaa chillo.

Annammo, e jammo ; annate, e jate vuje ; vadano, e vaano, e vagano chille.

Inf. Annare, e jire, e ire.
Ger. Amanno, e jenno.
Sup. Annato, e juto, e ghiuto.
Inf. Annante, e jente.
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Il dilungarsi più sulle regole grammaticali non farebbe esente dalla taccia d’una nojosa affettazione, e insipida caricatura. Se l’amor della patria non ci fa travedere, la conoscenza della lingua generale Italiana è bastantissima alla piena intelligenza d’un dialetto, che pochissimo in sustanza se ne discosta, tolta l’esteriore apparenza della diversa pronunzia, e della leggiera alterazione, che dà a quali tutte le parole.


  1. Coloro, che fanno consistere nella laida caricatura tutta la bellezza del nostro dialetto, affettano pronunziare, e scrivere con due mm questo verbo, quasicchè i Napoletani mettessero più forza ne’ loro amori ammando, e non amando. Ma noi ci conteremo d’amare il nostro Dialetto, e lasceremo ad altri l’ammare la propria caricatura.