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LI

TTRE EPOCHE

PARTE PRIMA

No matremmonio de no viecchio de 75 anne.

PARTE SECONDA

Na puniata fra duje giuvene.

PARTE TERZA

Lo ridicolo ncuntro dinto a na cantina.


45.a Commedia

DI

PASQUALE ALTAVILLA.

VOL. IV.




NAPOLI

DALLA TIPOGRAFIA DE' GEMELLI

Vico lungo Montecalvario numero 7.


1852.

[p. 2 càgna]Saranno dichiarale falsèyeonlraffatte, e quindi soggette al rigore delle leggi, tutte le copie che non si rinverranno segnate dalle presentiiniziali dell’ Autore. [p. 4 càgna]& *$ w © a:t

D. RODRIGO — ttowo bisbetico di, sua natura, ’ ’ e facoltosissimo, amico di D. ALFREDO.

PANCRAZIO —giovane di notaro,

CARLOTTA )..,

LISETTA

GIUSEPPE—ferravo, amante di Lisetta. GIOVANNI—fittajuolo di Rodrigo, *10 c/i LUIGIA —figlioccia del detto Rodrigo,

ROBERTO — germano di Carlotta MARIA -t- villana, amante di PULCINELLA — cugino di Lisetta.

D. N1CEFOKO CAP1UOLÈ — uomo di W anni, ricchissimo.

GIUDICE

ANTONINO — servo di Alfredo,

GIACOMO — uomo di ple&e*

Un villano.

Gente di strada,

Una sera di mio riposo al teatro S, Carlino, mi trovava a passeggiare lungo la strada di Toledo per distruggere un male umore che m avea assalito; 1 fasi solite che saccedono ai padri di famiglia destinati a procurare la sussistenza con i propri sudori, lo mi sentiva annojato di tutto; quando a caso cadde 1’ uocchio sull’affisso del teatro Fiorentini che prometteva in quella sera appunto la recita cFtm uomo annojato, Dissi tra me — vediamo se costui avrà la forza di disannojarmi; alionsl al teatro drammatico—Di fatti non m’ingannai; fui divertitissimo per 1 immaginazione dell’ argomento: e siccome 1’ originale attualità del matrimonio d’un secchio di anni 75, succèsso in uqo de’quartieri di Na^ poli’, teneami occupate per presentarla al teatro S. Carlino, così cadde in acconcio d’innestarla in tale argo-r

mentore questo lavoro ebbe la st>rie d’esser ripetuto mollissime volte con felicissimo successo. [p. 5 càgna]

PARTE PRIMA

L’ axione è in Napoli.

STHADÀ

Nel fondo magazzino di mode. A dritta aa caffè ed a sinistra una caria.

S C E N A t.

Caklatta comparisce dal detto magazzino altercando con Lisetta; Alfredo seduto al caffè legge il giornale, e Pàngrazio scrive nella curia.

Car. Quanno non. ce steva iodinto a lo magazzìqo, non t’avive da piglià la libertà de dà

10 cappiello, capisce?

Lis. (tra sè) ( Pazienza assistimi! ) Io ho creduto di far bene avendo voi stessa stabilito

ll prezzo ad ogni cappello.

Car, Ma non s* aveva da liberà pe cchella moneta.

Lis. Rammentate che P altro jeri consegnaste un simile cappello per lo stesso prezzo alla signora Emilia Gjorgini* (

’ Car. L* autriere la sete jeva a no prezzo, ajere è ncarnta assaje e io m* aggio d’ approfittà della favorevole occasione.

Lis. Comprendo ora il significato del vostro ragionamento; vi do però la consolante notizia che tra breve darete un sicuro fallimento. [p. 6 càgna]Car. Te pozza secca la lengua! fallito Io ma* gazzino de Carlotta Cerasella!

Lis. Tanto è signora mia. Date occhio alla mi* riade de1 magazzini di mode, ed osservate come ogni speculatore studia per acquistare avventori; voi in vece, praticando ogni mezzo per scacciarne...

Car. Io non aggio da dà cunto a tte de l’operazinne meje, signora dottoressa...

rJlf. ( tra sè ) ( Non finisce per ora questo litigio! )

Car. E n’ auta vota che t* avanze a ddicere sti pparole, te donco no soliennissimo schiaffo, capisce?

’Lis. ( minacciando ) Oh! oh 1 siete troppo ardita; ora m’ obbligate a metter fuori altro linguaggio, e...

Car. Che, che, che, che! a mme se minacciaf

Alf. ( c. s. ) ( Eccoci al grazioso azzuffo: caro

ftornale io ti congedo.) ignora, non alzate la voce, e se credete (F avanzare oltraggi, assicuratevi pure che io non vi tollero, e so rispondervi come va fatto.

Car. E già; co na ciantella che mie vuo sperà?

Lis. Ah superba douniccuiold!

Car. A mme ronnicciuola 1 me ne darraje cunto:

Lis. Che conto e conto....,io mi vergogno di competere con una feminuccia arricchita dal caso I. » io ho avuto l’onore d’essere stata ai più vistosi magazzini di mode, ed ora tutta la mia obbligazione la professo al signor Giuseppe il ferraro ehe volle piazzarmi presso di voi... signora mia garbata,

Car. Qoanlo annore haje potuto ricevere.

Lis. ( gridando ) Eb! vergognati, vergognati di aver tanta superbia! [p. 7 càgna]Pan. ( s’ufoa dal suo sito e rettisi innanzi, dieendo) Ne, ne? qui si può scrivere, si o no? io sto ffacenoo na eopia de no strumento de 34766 ducali e 27 grana, e btije attaccale de sta annera?

Car.,Garo D. Pan grazio, ckesla è ccasa mia, * e ppozzo strilla commi* me piace*

Pan,. Va strilla mmiezo a 16’Mercato, non già vicino a la curia di notar Giampaolo, di cui sono ilprimo giovine <.. Vi sta modi* sta de la misericordia coram’ è ncorreggibile! 4

Car* Sfelenza, sfele, vattennedinto e va «apea, famme sto cancaro de piacere.

Alf. ( Benissimo! ora siamo al terzetto. ) A te, Paograzio...

Pan. D. Alfrè, non pazzià ca eoa l’affare è sserio.

Car. ( minacciando ) Lass’assommà ’a ff rate mo...

Pan. Sì, mme faje fà na mazziata!

Alf ( tra sè ) ( Bisogna vieppiù aizzarli, per maggiormente ridere!) \con enfasi scherzevole) D. Paograzio, scusate: ia casa propria ognuno può gridare a suo piacere.

Pan. D. Alfre, D. Alfrè,.. mo sa che mme farrisse dicere... bis. ( a Pan. ) Via via, finitela: siate indulgente nel perdonarla.

Car. Perdonarla 1 e cche m’è pigliata pe iquacche sfrenata?

Alf (a Lis. c.s.) Ha ragione, siete un’imprudente. Pan* ( infastidendosi ) D. Alfrè...

Alf ( sottovoce ) ( Lo io per ridere. )

Pan. < E ppe rridere me vuò fa appiccecà! )

Car. Ma tutto pe ©chi? pe sta serva resagliuta!

[indica Lisetta)

Lis. Non parlate in modo d’offender raltrui [p. 8 càgna]decoro: io sì, nonio nego, mia madre era una donna ordinaria; ma però ho avuto il bene d’essere stata allevata da una modista, nativa di Toscana, la quale con tutto garbo ebbe cura di educarmi e d’insegnarmi 1! arte sua; per cui so come si parla, come si rispetta, e come s’insegna la creanza alle persone audaci, signora Carosella...

Pan. Ah! Carosella è lo cognomme tujo? e cquanno è cchesto vattenne de casa vicino a no nzalataro.

(Jar. Lassa veni a ffratemo, ca te faccio a bbe» dè si coffie de sta manera.

. SCENA D.

Robbeto e detti.

tf

Rób. ( nel comparire si ferma nel fondo )

Pan. lo mo quanto pagarria che benesse fratelo, pe ddirle no sacco de mmaleparole dinto a io mustaccio.

Rob. ( recandosi innanzi con aria minaccevole ) Lo frate sta cca a sservirve.

Pan. ( contraffacendolo ) E io sto cca pe ffavovorirve.

Bob. Lo frate è ppronto a ssentì cbello che bo» lite dicere pe ddarye la risposta in brevi senzi. ( guardandolo con asprézza )

Alf. ( tra sè ) ( Rodrigo, Rodrigo dove sei per gustare un sì grazioso dialoghetto... in fede miai saresti colpito da un’emozione ridicolissima che t’ aumenterebbe 30 anni di vita. )

Rob. Chedè? ve site abbeluto? non parlate echio yedenno IT ommo... [p. 9 càgna]Pan. Vattenne, non me fa vommecà!..

Rob. ( facendo atti da bravaccio ) No, spelefecateve.. • perchè cca stammo nuje mo è lo fatto.,.

Pan. Tu è ttutto inutile che te stennicchie co sto lassa e ppiglia...

Rob. ( con amaro sorriso ) Ma chiacchiariate, fapiteme sta Gnezza.

Pan. ( decisivo ) Eccomi qua: in primis, tua sorella è una ciantella.

Car. A mme r. i ( per inveire )

Rob. ( trattenendola ) Zi, zi, appriesso.

Pan. In secoùdo, tu si no ciuccio.

Car. A ffratemó s. )

Rob. ( c. s. ) Zi zi, appriesso.

Pan. In terzo vi dico, che ssi non ve state a ddovere, parlerò col patrone di casa e vi farò sfrattare.

Car. A nnuje... (c. s. )

Rob. ) rr ’ •

Pan. ( 21 ». Z1 ». appresso..

Lis. In quarto, pagatemi al momento un mese di salario per le fatiche prestate alla vostra sorella e fuggirò rapidamente dal vostro vistoso magazzino.

Car. No, schiatta: io..

Pan. | Zl ’ ll ’ aPPriesso

Pan. In quinto me ne trase dinto dicennote, che ssi ardisce de céhiù rrisponnere, io vaco da

lo jodice e tte faccio conoscere là differenza che ppassa tra n’ ommo de penna ( indica sè stesso ) e no cosetoriello. ( indica

Rob. ed entra in curia )

Lis. Io vi precedo per fare i conti e quindi sparire dai vostro magazziùo. ( entra )

. [p. 10 càgna], Rob. ( viUanamentea Carlona ) la settimo ma piglio na mazza e ite rompo li braccia r perchè si fusse nafemmena prudente, considerarrisse che cca nce sta no notaro e ha dda fa lr obbligazione sòja; che Lisetta m’ è stata raccomannata da lo comparo mio Giuseppe lo ferraro eh’ è gghiuto a Isernia p’affare suoje e pperzò ll’ haje da rispetta! Id ottavo, ( dirigendosi verso la curia ) D. Pangrà, cca sta Roberto Carosella a lo commanno tujo sempe che buò.i e n’ auta vota modera lo pparlà perchè tu sì bieccliio, mierete rispetto, e Ccarosella è giovene e sse po compromettere.

Pan. ( mettendo la sola testa al di fuori della curia) Carosè, sì non te ne vaje, viecchio « buono te donco no rafaniello ncopp’all’uoccbie! ( via )

Rob. È visto? aggio avuto da soffrì pura st’auta paròla pe tte? ma sorca deritto ca sino darraggio un esempio a la sagliuta della Concordia! ( via per la strada )

Mf Bene, benone! signora Carlotta siete rimasta di gelo

Car. De gelo! io!.. vuje poco mme canoscite... va òhe mme saglieno, ve faccio vedè belle ccos(via nel magazzino )

Mf Ecco, per esempio, questi aneddotucci formano il mio maggior divertimento, (dirigendosi verso la curia ) D. Pangrazio, ci ri* vedremo?

Pan. ( mettendo la testa c. s. ) Sì, a mmiezzo juorno a io solito trattore, ve voglio fa lo complimento de no pranzo. rMf Secondo il solito, ed io pago per voi e per me.

Pan. Colla condizione però di conteggiare alPullimo dell’anaot [p. 11 càgna]Alf. Ah, ah, ah! ci rivedremo* (<via per la strada e Pang. rientra )

S C fi N A III.

Mimi, quindi Lisetta, in fine Roberto.

Mar. ( nel comparire guarda aW intorno ) Non saccio si è a sto vicolo, o a lo vicolo appriesso; ©me pare che cchisto è io magazzino de mode: (’fissandosi a quello di Carlotta ) sì, la vi Uà D.* Lisetta ( chiama ) D.a Lisè, asehe no momento cca.

Lis, ( rendesi visibile )Che cosa vuoi Maria?

Mar. Lo patrone mìo ve maona saiutaóno tanto tanto, e vve manna sto paro desciucqua* glie de ddiamante.

Lis.. E sempre siamo là: panni che lo te l’abbia detto altra volta; questo matrimoniò non fa .per me, Giuseppe il ferraro (prossimo a-ritornar da Isernia) dovrà essere il mio affezionato consorte»

Mur. Ma comme vuje mo v’ avite da fa sparì sta bella occasione? lo patrone mip è rricco nzì a la cimma de li capille \ figurate ve. tene territorie,massarie a Erosatene donare...tene. Ba&a, basta, sono ciarle inutili*.. e pòi... ti monta il coraggio di propormi un uomo di t8 anni?

Mar. Chi ve K ha ditto? ne tene SO r pare acciaccóso perchè è afflitto da la pilacra, e ssi vige..

Lis. ET impossibile, Giuseppe è l’ arbitro del mio cuore, Giuseppe è 1* oggetto de1 miei pensieri» e Giuseppe dovrà «ssere il mio amatissimo sposo.

Mar. fifta vuje stedsa decistete che Giuseppe da [p. 12 càgna]n’anno èppartuto, e sso sè mise che non v’ha * scritto cchiù.

Lis. Ragione per cui ho mandato in Isernia il mio cugino Pulcinella, per conoscere larcausa del suo ritardo.

Mar. Donna Lisè, sentite a mme; non ve facite sfirì st’ accasione.

Rob. ( comparisce dalla strada) Cherroba è?.de che se tratta lloco?

Mar. E buje che ncentraté mmiezo a sto trascurzo nuosto?

Rob, ( a Lis. ) Dicite la verità, fosse quaccbe mmasciata de matrimmonio, ca li bajasse de chesto patescéno: a tte, femmenella! (a Maria ) vi ca Lisetta sta sotto a la vigilanzia mia perchè s’ha dda sposà a ccompà Peppe.

Lis. Non servono ulteriori osservazioni: la mia decisione è ferma, e Maria n’ è pienamente informata, (entra nel magazzino )

Rob. ( con aria dispregevole) Sti ccafune... appena assommano a Nnapole,se metteno a bajasse 9 perchè? pe pportà mmasciate, le itericene... mmece de starsene a zzappà la terra mmiezo a ffasule, cicere e cchichierchie.

Mar. Uh 1 perchè me faje tanto Io vommecuso! chi te pava, sentimmo?

Rob. Sè, e rrispunneme u’ auto ppoco sincopato.

Mar. Uh I tu comme sì pporpetta, ne?

Rob. Non t’accatte niente da me... vorrisse quacche ccorperto o mantesino...

Mar. Sicuro. *. mo veneva addò te p’ avè lo cancaro che t- afferra... abbia dinto, I’ avesse da straccia la setiglia?

Rob. Ma comme te pare... me pozzo mettere a scompetere co na femmena? uso prudenza e ite carcolo pe ch$Uo che baje I ( entra in magazzino,} [p. 13 càgna]Mar. Chillo mo che rrisposta se mroerilarria?... chesto fa a essere sola e non ave u’ omino che V appartene... ah! ssì sapesse pe ccierto che Ppulicenella tenesse ncore Io stesso ammòre che ttenco io pe isso... quanto tn’ è ssimpatico! non me nce so spiegata, ma quanno arriva... ( guardando a sinistra ) uh sorte 1 è isso, è benuto da fora... ah! eoa

lo core me sbatte dinto a lo pietto de na manera tutta nova!

SCENA IV.

Pulcinella collo spolverino da viaggio % e delta.

Pul. (dal di dentro ) A la ramai ora tu, la carrozs za e li cavalle che ttiene!.. e non me risponnere sa, ca mo mme truove! tenco no reumo dinto a li spalle e me lo voglio sciogliere a botta de varràte. ( rendesi visibile)

Mai*. Benvenga, benvengà: che v’ è succiesso?

Pul. ( tra sè ) ( La vi cca la stella co la coda de sto core! ) Lassarne sta; bella mia: quanno a lo munno sguìgliano li bestie comm’a ccepolle de la rocca, uno non po fa a romeno de ncojetarse. Aggio fatto no viaggio che ssi lo cunte a no giornalisteco nne fa no bello articolico: haje da sapè che io so stato a Iserneca pe Llisetta la conseprina mia.

Mar. Lo ssaccio; e cche v’è ssuccfesso?

Pul. Mo siente: pe ggbì a cchillo paese nciaggio puosto 8 juorne e sso gghiuto1 commodo commodo, parlanno co ccrianza! Dinto a na carrozza granna granna quanto... quanto a no mastriilo; senza nisciuno se [p. 14 càgna]po ddi, perche Ace «levano quatte perzune da la via de lì rrote, quatto da la via de

li cavalle, tre a ceascetta, etneo da dereto ncoppa a li bauglie, e dduje dinto a la rezza. Pò so stato assettato ncopp* a no cuscino morbido morbido che se na’era caduto lo ccapizzo e nc’ erano rotomase li spròccole; co so ohiuovo oWbriguto a li spalle che ogne cuoio io scappava a ssuonncf e isso — mpònchete —- me scetava co na spontunata: nzomma so afrevato a cchil 10 paese comme a no vero prencepc. A io retuorno sore mia so stato pò trattato ciento vote Cdìii meglio die la jula. Trovo no cocehiero chiacchiarone e scartellato e m’affitta no puosto naieme co’ na vecchia retrobeca; noe mettimmo ncarrozza a oquatt’ ora • facimmo no tre mmigtia, e

ll cavalle se fermano; subeto seenne lo oocchiero e,stette pe no tre arminute a lliscià la coda a uno de li cavalle perchè aveva avuto na colica narviie juorne primme: si depurano le viscere del quatropeco e ttìrammo nnapte lo cammino; facimmo quati’ aute miglia e sse tormano a ffermà li bestie; seenne V amico e avetteme d’ aspetta che avesse fumato no miezo sicarro dint’ ali9 uocchie de no cavallo per* chè pativa de corta vista: doppo poch’aute miglia se ferma, e li destriere volettero magna perchè le jasrno primmo avevano avuto la’freva: chiù ouaute ferma perobè la vecchia pateva d’affanno; cchiònnante ferma pe se vevere na mescila.. • ozomma tra li ffèrmate a li Uocanne, e ttra li (fermate de li cavalle e dde la vecchia ciag[p. 15 càgna]gio puosto nove jjiortie: e ecom’ è ffenuto

lo viaggio? eo ffa miezo miglio, de che mmanera? lo cocchiero mbriaeo, la vecchia addormuta, e li cavalle talmente ndebokite, che io pe ffarle cammenà aggio avuta da i nnante co no mazzo de grammegna minano a uso de pecorielle!

Mar. Poverommo, poverommo! nzomma ve site nfasteduto?

Pul. Te pare sore mia. *

Mar• Poverommo... -vuje che ssite tanto buono., i annettateve lo stidore.

Pul. Millegtazie.

Mar. Cbe ncià cche ffa... acconciateve la scollai

Pul. Uh quanto ncommodo.

Mar. Poverommo, poverommo! scotoliateve la porvere da lo sopratiò.

Pul. Millegrazie...

Mar. E T ospitralitrà.

Pul. Capesco...

Mar. (idirfge le seguenti paróle alla parte opposta,marcatamente ed in modo che si sentano da Pulcinella} Vide mo compagna mia si è rragionebile cbe n’ommo accossì de chelleta se sposa a Ue che ssì na serva!., ah! bene mio ne... e comme: vuj’aute ve mettite na cosa ncapo seozasapè si po essere

o no: ( a Pul.) lo bello pò è che mm’ ha dato la ncombenzia justo a mme!

Pul. €h* è stato?

Mar• Nc’è na figliola che bà pazza pe bbuje e mm’ ha ncarrioato de passar ve la m masciata. *

Pul. ( tra sè) (La marida è essa: pur’è buono che io squaquiglio pe ìruocchie stioje.j ( con finta ingenuità ) Ne Mari, e echi è? [p. 16 càgna]Mar, È na pacchiana... ah! bene mio! io dico ca sì... comme ve po conveni?.

Pul. Ma dimme la verità, è bella?

Afar. (abbassando gli occhi) Che ssaccio...

Pul. Vi, la filosomina comm’è?

Mari Mme dispiace che buje jate de ‘ pressa pe ttrovà la conseprina vosta.

Pul. No, no, chiacchiarea: no minuto cchiu na jornata meno non me mporta. Comm’ è (fatta sta pacchiana?

Mar. È auta, jancolella, n’uocchio... che ssaccio mme pare passabele; la vocca vi non ce sarrìa male... pò U’ avite da vedè vuje...

Pul. Vi la coipbinazione: nce sta pure n’ amico mio che spànteca pe tte.

- Mar. Ne ne? e comin* è (fatto?

Pul. Cuorpo sciuòveto... faccia latte e ccioccolata.., uoccbio a ppertuse de tiestè... naso a ppeparuole p’ arrostere.

Mar. ( tra sè ) ( Lo briccone pur’ è nnammorato de me.) Chella povera compagna mia, ve vedette...

Pul. Chillo povero amico mio, te smicciaje...

Mar. E pperdette la pace, lo suonno e l’appetito...

Pul. Tal’e cquale: pèrdette la pace, lo suonno.e T appet... no l’appetito è, ccresciuto.

Mar. Chella è mmorta pe buje.

Pul. Chillo è assempecato pe tte.

Mar. Ve vorria parlà a boce, e ddirve che essa . • ve vò i>ene sì, ma non tene auto che mmiseria e golio de fatecà.

Pul. E cchillo non tene auto che sfasolazione e golio de magnà. ■

Mar. Addonca la condizione dé li spuse è uguale?

Pul. Già. [p. 17 càgna]Mar. Mo la vaco a cchiammà e nce Io ddico.

Pul. (con scherzevole ironia) Chiaramala, chià.

Mar. ( guardando sotf occhio finge di chiamare una persona dalla parte opposta) Ne? comme té chià?.. viene, viè...

Pul. ( con significato) Accostate, accò... avanza

10 pede ca lo Sole coce, figliò... ( con risoluzione ) Ah 1 non più Mariella; se dice in francese— bisogna parlare vis-a vìcolo— Cara mia, nel veder la tna faccia i miei spiragli s’incontrarono colle tue cefescole, è rimasero talmente incefescolati che non possono resistere senza incefescolarsi cefescolandoti coll’incefescolamento.

Mar. Quanto sì ccaro, quanto sì accijoncio I ma

ll chiacchiere stanno a nnienjte, venimmo a li fatte pe spòsà subeto subeto: lo matrimmonio senza fa la casarella non se pò effettui; ommacaro nce vonno na quarantina de ducate.

Pul. Premetti in prima ca io sto disperato assaje.

Mar. Lo ssaccio, me ne so gghiuto airuòsemo*

Pul, A usò de cane lupegno.

Mar. Onne nc$ sarria lo rimraedio pe ffa SO ducate, abbasta che ttu acconsiente.

Pul. Va dicenno ca io faccio tutto*

Mar. Lo patrone mio viecchio, è cchiù dde no mese che bà muorto pe Llisetta soreta conseprina, che ccomme saje essa serve de cappiello a la vicina soja D.a Peppina; onne da che ll’ha vista ncoppa addo sia D.a Peppina, ll* ha menata cchiù dde na scarolella, ma Lisetta 8* è ncambaniaiay haje da sapè ca lo viecchio ni’ ha prouimiso 50 ’ducate de rialo subeto che la nguadia. [p. 18 càgna]Pul. Marie, Marie: chHlo tene 75 antie è echino de màlanne...

Mar. Chi ll’ha ditto, tene sehitto no poco de pilacra ma è rricco,.. ricco assqje; meza Roma è la soja se po ddicere: io aggio parlato co LUsetta e cohella m* ha zompato nfaccia: dall’ pota parte pò aggio ditto sempe a lo patrone che LHsettaaddimmanna <Tisso, ca lo maona sahitanno, justo pe ttenirle nfriseo pe li 50 ducale nuoste.

Put. Tutto va bene, ma sorema conzeprina s’ba dda sposa a Giuseppe lo ferraro che sia pe beni da Isernia a monomanie a mmomente.

Mar. Aspetta, aspetta, aspetta... perchè non dice cbe ssì gghiuto fora e baje trovato Giuseppe nzu;ato?

Pul. Uh ccancaro 1 la penzata ègguappa!.. ac* cossi chella pe ddispietto se potria sposa

lo viecchio e nnuje subeto: plifféte je pplàffete: avimmo li 50 ducale, & ngaudiammo.

Mar. Ah! mo va buono.

Pul. Ma lo viecchio He fa la donazione?

Mar. Sine Gore mio; de tutto de tutto.

Pul. E lo stìzzolo de la carta lo voglio fa qge* nio mU> sa; e subeto subeto; sino arriva Giuseppe a Nnapole e avimmo fritto lo IFegato.*

Mar. Sine, chello cbe buò ciaaciuso mio; anze jammo tutte duje da lo patrone mia, prim

  • ma che pparle co ssoveta.

Pul. È nneoessarìo: io aggio da sentì coH’uocchie mieje la menzione de lo cestariello appassoliato.

Mar. E non pentimmo tiempo; jammo.

Pul. ( con passione ) Donna» vedi che potere hai tu sul mio cuore, ohe noe vonno doje ore pe mmiezo juorno, sonco arrivato stcacquo e [p. 19 càgna]strutto, e per servirti non mi curo neanche di far colazione.

Mar. Stajè diuno!

Pul, Diuno, diuno; solo a Ccasanova aggio voluto prova no. poco de pane, vi na palata de. daje rotola accompagnata co no tiano de carnate ppe llevarme lo ggrassoda tocca, m’ag* gio magnato uno e mmiezo de v^rmè^ielle co ll’ aglio e U’uoglio.

Mar. Ah, ab, ah! ( viano )

SCENA V.

Alfredo, quindi Pàngbàzio.

rAlf. ( con foglio fra mani ) Bene, benone! ecco assicurato un pranzo vita durante al signor Pangrazio: ( accostandosi alla curia ) amicone, qua qua: favorite un momento.

Pan. Che nc’è ne D. Alfrè?

Alf. Fortuna per voi, argine alla vostra disperazione.

Pan. Argine! comme mo?

Alf. Cbe vi passa per salario il vostre principale?

Pan. Pochi ducati al mese.

Alf. E preferireste di starvene in una casa di buon gusto?..

Pan. Comme? spiegate.

Alf In compagnia d’ un signore oh1 è il vero tipo delia generosità?

  • Pan. Più chiarezza.

Alf Io tempo fa,vi parlai di quei mio compagno che trovasi in Roma...

Pan. Lo quale s’ è stufato de campa?

Alf. Precisamente. Sentite ora una sua lettera rinvenuta in posta pochi momenti sono. [p. 20 càgna]( legge ) <t Caro e sensibile Alfredo. Siamo « alle strette dell* argomento: la commedia c della mia vita è al termine, e se tu sarai « sordo alle mie premure,finirà in tragedia, c Sono sfato in Napoli, in Parigi, in Lon« dra... in somma ho giralo quasi T intero « Globo e la mia mestizia invece di cedere <r s’è vieppiù ingigantita; per cui ho deciso « finalmente di ammazzarmi.

Pan. Sè! comme se pigliasse no mezzo poncio!

Alf <l ll mio amico Temistocle è passato a nozze; « il Baroncino Portogallo è partito; io son d solo, in lina casa amenissima è vero ohe c gode cittàvcampagna e per fino un balcone* « che guarda il Tevere, ma che perciò? la t solitudine mi uccide! In nome dunque.di « queir amicizia cbe ci lega, io ti prego di « ritirarti presso di me: le tue finanze non c sono delle più felici 3 tu potrai disporre di « me delle mie sostanze, di tutto purché « t* abbia in mia compagnia. Premurati anf cora di condurre teco qualche tno since« ro amico, avvezzo peto a fare il buffone, c perché possa sollevarmi dalla nrja che mi « tiranneggia »... Ecco voi per esempio...,

Pah. Io l e io so buffone?

Alf Non dico questo; siete allegro, concettoso. • in somma con la vostra maniera giungereste ad arricchirvi,perchè Rodrigo è alla testa di 300mi1a scudi > uomo facoltosissimo.

Pan. Basta, D. Alfrè, mo aggio cheffà, a (tavola ne parlammo.

Alf Giudizio perchè morirete ricco. ( via )

Pan. E ccampo disperato; vi che auto augurio! [p. 21 càgna]S C E N A VI.

Pulcinella, quindi Mariella e detto.

Pul. ( con tutta sollecitudine ) Priesto priesto? tu si pprotecuoilo?

Pan. Protecuollo!

Pul. Vinne la curia a lo puosto da lo notare?

Pan. Tu che te faje scappa da la vocca! io so sotto notare.

Pul. Comme fusse primmo zzasso, aggio capito. ’

Pan. Oh! mo perdo la capo co ttico! ( per entra*

• re in curia ) ’ ■

Pul. ( trattenendolo ) Aspetta: aggio da fa na donazione, sì ccapace de stennerte?

Pan, Tu haje da fa la donazione?

Pul. Giiernò, no viecchio che ha dda - sposa a ssorema. Priesto < liegge cca si va buono, (mostrando ufia carta )

Pan. « ( legge) Col presente foglio a doppio origine naie, ai termini dell* articolo »... e ddi eh’ è affitto de casa.

Pul. Tu qua caso e rrecotta; chesta è ddonazione;.

liegge. 9

Pan. « La signora D.* Lisetta Pacchietelia da

  • una parte, ed il sig. D. Niceforo Capriolò

< dall’ altra j»... ma Chisto è...

Pul. Liegge ca ne’ è ppressa.

Pan. « Abbiamo convenuto ciò che siegue. Io Ca« priolè mi comprometto d’ affittare la mia € mano di matrimonio alla signora Pacchie* c teila, fornita di ferrature e pezzi d’opera c corrispoudenti *... misericordia I

Pul. Liegge appriesso.,

Pan. «E mi obbligo nel momento di darle la mano [p. 22 càgna]« e farle donazione di tutta la roba mia che « tengo io Roma,in Napoli,fora Napoli cessa

< recessa e nolo; e ciò con una mesata sem« « pre anticipato, ’te mancando alla stessa, mi

■ assoggetto all’ arresto personale non solo t « ma a schiaffi de faccia nterra quanto chiù « priesto pozzo perchè so ttroppo viecchio e la « stagione Io esige. Ed io Lisetta Paochietel* « la dichiaro di ricevere la donazione in tlto* « io di pigione cbe principierà dal presente c giorno fino aU’eBComputo di detta somma,

. < la quale sarà da me consegnata eon tati* i « vetri e pezzi d’ opera ricevuti dal defunta « mio marito che dovrà sposarmi, è perciò

< mi obbligo agli accomodi necessari, alle « spese, danni, interesse e carcerazione,

< senza esservi bisogso di congedo *.. uh l uh! uh! chi ha fatto tanta bestialità?

Pul. Io a sservirte parte P aggio composto io, e pparte 1 aggio copiato da dinto a n’affitto, de casa.

Pan, Uh cbecciucciaria!

Pul. Non te nne veni ca so «ciucciarle perchè cca 1’ affare è dde pressa.

Pan. Io non aggty caputo che ccancaro aggio da fa?

Mar. T’aggio ditto ca parlava io, e ssempe se mmesca isso pe mmiezo.

Pan. ( entusiasmandoti tra sè ) ( Cbe bella gio» vena!} Agge pacienza parla tu, Chisto m’ha stonato de cbia«chlere.

Mar. Vuje avite da fa no contratto de matrimonio,

- e la donazione che lo sposo fa a la sposa de tutta la rrobasoja che ttenè a Roma,contante ec. -.. nzomma tutto chelio che 1’ apparto» ne.Li notarne de li spase stannoseriuelloco, • [p. 23 càgna]li zite mo assommano cca e sse fa lo matritnmonio: ehesto so ddoje pezze anticipate..

Pati. È pparla chiaro, bouora! me porte na carta cbeio...

Pul. Ub Kcotnme sì Sseccante! trase che avimmo dacbeffè.

Pan. Guè, guè, ca io so professore.

Pul. Oh! trase ca se perde cchiù ttiempo. ( la spinge dentro ) Marie: lo neochio D. Niee* foro, lo sposo t

MOr, L’aggi© fatto sceooere da lo casino e sta dinto a Io cafò a lo LI ario de la Concordia. ’

Pul. E ha potuto cammenà chillo casciafcanco?.

Mar. Quanno ooo teme la pilacra*..

Pul- Oh 1 sta pilacr* sa? ha accito paterno!

Mar. (guardando nel magazzino) Uh Itecco* te Lisetta: a tte,ftacce fa tutto co cchiarezza: cbiagne, sospira e ddapce «chillo colore che nce vo.,

S C E N A VII. Lisetta, quindi Robkkto, Calotta e detti.

Li». Pulcinèlla, sei giunto finalmente: ebbene 3 quali nuove mi rechi? il mio oaro Giuseppe?

Pul. Ab! ah! ( finga di piangere )

ite. Che oosa è successo?

Pul, ( eo» metano tuona lagrimeoole) Doppo la commorzione ohe tevuò piglià; ohe sì ssoleta a bevere? acqua, asprinia, o gragoano fino?

Lis. Dovrà assalirmi una convulsióne 1 che vuoi dire.. paria...»

Pul. Sicuro che t* avr» da veni semenno che... ’ ( 6. «. ) ah! ahi (furtivamente a Mar. ) (Va buono?) [p. 24 càgna]Mar. ( A ppenoiello )

£ar J ( comPariscono dicendo ) Chi chiagne?

, Mar. ( recandosi sul davanti con mentita inge’ nuità) Uh! eh’ è stato?

Pul. ( a Bob. sempre in tuono languente) Tu si omino ne?

Bob. Mme pare.

Pul. No, te faceva no coccodrillo; sa perché? sarria stato meglio a essere bestia, perchè Tornato po fa no trarknento, ma la bestia... ( a Cari.) ne tu si ifeaimena?

Car. Accossì se dice. ’

Pul. (<?. s.) E ppuozze crepa ta che ssì Semmena! perchè na femmena me farrà perdere na soYa conseprina a mme ppoverommo.

Lis. (fuori di sè) Che dici!.. parla... Giuseppe?..

PuL S’ è nzurato.

Lis. Oiraè!

Bob 1 ® nzurató!!!

Mar. ( esageratamente ) Bene mio! che scànnalo!

Pul. ( sottovoce ) ( Va buono? )

Mar. ("A cciammiello! )

Pul. Haje da sapere sora mìa che appena io so arrevato a Iserneca Faggio scontrato co la mogliera pe ssotlo a lo vraccio: na bella figliola, auta corta; grassottella, secca; co na bella trezza de papille, tutta scuociata; giovane de 96aìnne...

Mar. (sottovoce) (Mantiè ca staje ammarronanno)

Pul. ( tra sè ) ( Ma si non pozzo asci dà lo ssoleto! ).

’iis. Povera me! non v’è amore, non V è gratitudine, non v’è più stima in questo mondo!.« Giuseppe rendermi lo scherno dime stessa!... [p. 25 càgna](fremente di rabbia) Ma se la perversa sor* te lo condurrà a me dinnanzi... che viva 1’ 1 indegno nella certezza di restar privo di vita, perché io con queste mairi saprò strappargli il coore, saprò...

Car. To che ne vuite... « chesto vorria fa pe ppassà no gnajo; si è ppe mme ile darria subeto la risposta: me sposarria co n’auto. lìvb. Dice buòno sorèma; aecossì se risponde a n* omino sgralo, sconoscente. •.

Pul. Comme parlate bello, mà sto marito addò stà? ionciavria piacere, perchè lo briccone dimane arrivai cca co la mogliera; e ssi sorema li bede pessottoa lo vr^ccio. ».

Lis. Domani giungerà eoo la sposa! ed io avrò tanto coraggio di... meschina ine! cbe crucio, die tormento..,. ah! se potessi, airistante verrei fuggire da questo maledetta suolo..... vorrei p^r sempre allontanarmi da Napoli, e... SI, ( risolutissima ) propizia occasione per vendicarmi; voglio profittar della favorevole offerta di’... Roberto, Car’ lòtta, per quanto vi ©di più caro al npondo, unitevi meco, contribuite anche voi per farmi sposare io questo punta una persona cbe da più tempo è premurosissima d’impqlma^mi. Enra vecchio, noffl n’interessa i avrò io lui* uno sposo* od padre.... un uomo cbe vivamente avrà premarè per me, c... (Jit’ sondo Maria) appunto Mar ietta: corri sul momento, recati dal tuo vecchio padrona, digii -efeeio*oa contenta di Sposarlo previa lai» tera donazione a mio livore di tutt’.i suoi ’■ SWi..V

Mar. Donazione! chillo tese preparalo purela mi* nuta pe lo notaro... [p. 26 càgna]— ac —

Lis. Ebbene, sd» decisa per questa sew di cbi«’ marlo consorte:

Pul. Stasera; lu cbe stbsera mo s’ lia <Ma fa lo sposaiitio.

Lis. Eccomi dunqne risoluta; ma.appena successo il matrimonio voglio partir per Roma; la mia volontà è questa; sponsalmo, vettura e ’• subito via.

Mar. fi iò Te do pparola cbe aecoseì se farrà. Anse, sè: conosco Iacinto to vetturino, isso tene na carrozza a cqnatfa cavalle; aio Ile donco Je caparro, Io faccio aspetta a.lo pontone, giacche esseana ebesta la sagliutade )a Concordia non po veni eoa co la carrozza; lo patrone mio bob hadda dà cunto a nisciuno perchè è ssulo; sposàte, nce mettimmo nvejttura e nce la sbignammo a Rroma..

Lis. Ma per la uria roba che trovasi fui?:

Mar. Lassatela sta, semp’ è buona avè na. casa a Nnapole; quanno ve Veuejicapo de torna a sta cita.. »

Lis. Mai, inai pii.

Mar. E ffacite a genio voosto; jammo Pulicenè.

Pul. Jammo ea nné volimmo fa miglia. ( viano )

Rob. Ebbiva! sta mprovlsata me piace, vi. flar. Accossì noe vole*,

Lis. Giuseppe, ecco 1« risposta d’uncuore oltraggiato!... vivi con la tua novella-sposa perchè Lisetta fuggirà in Roma per piàngere e- / ternamente la saaaseqtural [’entra nel ma* ’

. ’’ gpzàino) - •...

Car. Faccio buono io; de mmaritariBe nonjoe vo;g1io-sapè. ( entra. ) <., >

Jtob. Cioè chesto dura fino «die non se trova tino - ’ ietfeseUuwafOHk. [p. 27 càgna]SCENA YIII.

PaNGKAZIO edettQ.

Pan. Robè 9/àggio ntiso da dinto a la curia cbe Lisetta se mmarita... fosse na bàbola?

Bob. Bàbola! vuje avite fatto le ecarte?

Pan. Li ccarte-so ffatte e bone; ma li spese..

Bob. Ob! per chesto seiacquarrite buono viije e lo principale: isso sta dinto a la curia?

Pan. Goorsì; èbenuto pocoptimmo pe la porta che sponta a lo vicariejlo; ma dimine, comme succede sto matrimmonio?

Bob. Sto matrimmonio succede ditto nfatto, e ssa perchè? peccausa de no trademiento eh’è stato fatto a Lisetta da lo nnammorato; essa ha deciso de sposarse no viecchio e commigliarse de brillante da capo a lo pede^

Pan*. Supierchio buono: trase dinto a la curia pe ffa da te8fiininonio a sto sposalizio semifresco! (entrano) T * ■

SCENA IX.

Alvhbdo con Antonino euù servo; infine Giacomo seguito 4<* gentaglia.

rAlf Corne, come! un uomo di 75 anni prender moglie 1 è mai presumibile?

’Ant. Tanto bello, signorino mio, isso sta dinto a #

  • cchillo cafè; ( indicando al di dentro ) e

ssapite perchè? perchè U’è afferrata la podacra e non se po movere cchiù pe beni da lo notaro.

Alf. Lo porteranno dunque in una portantina: chi sa die altro mobile dovrà esser la sposa.

[p. 28 càgna]Già. ( a persone che lo seguono. ) Sì, isso, isso se va a nzorà; è D.Nicefaro, chillo viecchio de 75 aune: jevano trovanno na seggia pe ffarlo veni da lo notaro e non avennola trovata hanno pigliato no ciuccio.

Tutti. Ah,abt ah!

Un uomodella plebe.% cchisto saprà acci*o a bette de scorzate 1

Jltruomo. lo tengo li ssaccbe cbiene de torza dé cappucci.,

Altro., E io teoco na mappatella de scorce de lir mone..

Ani. Baono preparalo sii quatto con flette ricce j

SCENA X.

• • ’ • ’.. * Roberto, Carlotta, quindi Pamgrazio, infine Riseti a.

Bob. Uh! quanta folla! ( chiama al magazzino ) Lisetta, Carlotta,’ trasite dinto a la curia.

Pan. ( mettendo, fo testa al dijuori dell officina ) Robè, li ccarte so (fatte: quanto firmano It . gpuse e s«e danno la maoo.

Alf. ( a Rob*) Faccia grazia.: qpale sarà là sposa?

Rob. Eccola cca. (mostrando Lisetta che comparisce ): V;* •,;.

Alf. Poter di Bacco 1 •,. ’ ^

Lis. (fuori di sè) Ben giusta è la vòstra sorpresa, ma le.«cagioni die..,

Rob.. Trasile mo. ( le 9»inge ed entrano in curia)

Già. Comme! comme! creila bella figliola se spo« sa a cchillo spètale!

Alf: Non fate schiamazzi ora cbe.. ♦.

Già. No, siguò, scusateme; la zita passa pe ccop[p. 29 càgna]pa,ma lo sposo ha dda «ssere annerato a botta de torza e scorze de limonceile.

SCENA XL

Voci della plebe dal iti déntro, quindi Maria, in seguito Pulcinella veitito infesta, Pan* gbazio ed Antonino.

Voti, Eh! Eh! lo zito, lo zito..: (fischi e r timori. sulle padelle)

Già. Mo assomma lo eposillo!

Ehleh!

Alf. Benissimo! lo sposo è sul destriero.

■ Mar. ( comparisce dirigendo le voci verso la gentaglia ) Jalevenne, scostumatane! jate* venne.... manco male cbe la carrozza sta cca abbascio preparata.

Voci, [ei 8. ) Lo sposo, lo sposo... ehi eh!

Pul. ( praticando lo stesso di Mariella ) Buffoni, indietro: non s’insnltano i giovanotti che . hanno ad tummolo nuzialio. ( fischi )

Jlf. Ah’, ab, ah!

Già. Chesta è ccuriosa!

Pan. ( viene avanti dalla atrio) Che bonora è succiesso?

Ani. Ah* ab, ab!

S C E N A XII. ’

Comparisce Niceforo sull’àsino: egli è un vecchio decrepito veitito in caricaturale vien circondato da molla gentaglia che fischia e lo burla, quindi Roberto, Carlotta e Lisetta.

Idlf. Basta, basta, indiscreti!

Pan. ( sottovoce )( Chisto è lo sposo I che ppozza [p. 30 càgna]essere salalato da no cambanaro! ) ( alla aente ) Alò 1 sfollate, sfollate...

Nic. ( con voce tremola ) Lazzaroni, me ne darete conto,....

Pan. Sposi, scennite non v alterate il sangue: ec

  • covi il braccio. ( cala D. Niceforo dalFasino e guidato da Paograzio e Maria si conduce nella curia)

Già. ( alla gente ) Pigliammonce lo ciuccio.

’Ant. ( con tuono scherzevole) Non signore, non sta bene. ( monta sull’asttio) rAlf. Antonino....

Pul. Scinne o te faccio da na chioppa de cauce. (cala Antonino e monta Gidcomino ) oh. do»

■ nora tu pure mo!.. ’scinne... scinne.

Bcb. ( conducendosi dalla curia ) Ne, ue.....

crianza nn’ avite ei o no? volit£ che mme nzorfo e. dde unte quante nne faccio misesca? [ la gente fischia) Aggio avuto st’ applauso 1

Già. Uhi mo’esceno li spuse.

Car. Jammo Lisetta, ca la carrozza sta a fc> pon t°ne- „,

Lis. iincamminandosì)Gi\mW,™à\* quaI Pa8f so m’bà indotto la tua perfidiai ( viano per la dritta )

Nic. Eccomi sposo; tra breve spero a lo Uelo ’ d’ avè n’erede. „,,

Pan. Oh I tenitelo mmanb ehesto!... ( ta vi cbe mme succede! ) (lo fa salire sull’asino e viano per la dritta circondati dalla gentaglia ). •,A<..

Alf. Ah, ah, ah!.. sono in vero casi eccezionali!

( via appresso dì tutti ) [p. 31 càgna]SCENA XII.

(IjcsEfcPB\fèrraroèomparise& dalla sinistra ossi# dpi lato opposto otte son<f entrati gli sposi9 quiftdi

Roberto e Carlotta.

Giù., Misericordia! cbe tronora è ssucciesso? appena so arrivato da Isernia, aggio trovato sto ppoco d’ammoìna ncopp’a la strada de la Concordia: lassarne vede Lisetta mia.... cbedò? non c’è ddinto. a lo magazzino!. • stesse malata? uh! lo compare Roberto se noe vene da chella parte co Ccarlotta’.

Bob, (nel ravvisarlo lo rimprovera acerbamente) Ah ttraditore briccone! comme: doppo tanto appretto cbe m’aggio pigliato a ccustodirte la povera Lisetta, haje avuto lo coraggio de ire a nzurarte a Isernia 1’

Giù» Ch* aggio da fa?

Car. E ssonco aniline cheste? e haje to spireto pupe de venirce a pparlà?

Giù.’ Vuje che ddiqfité? spiegateve meglio.

Rob. Vattenne dà mogliereta, famme sta finezza.

Giù. Chi è nzurato? • *

Car. ) rp

Bob, ) lu Giti. Io!!!

Bop. Non lo negà? briccone! già pur’è buono che

’ Llisetta non ha chiù besuogno de te, perchè lo Cielo irha mannato n’àuta sorte; e acchisto momento è sposata co D’omino ricchissimo e se n’è ppartuia.

Giù. Che!!! ( a tale nuova resta quasi convul• [p. 34 càgna]Giù. Sè; io pò serraggio quacche pprecoepe! non campo fuórze co la fatica?.

Ani. Ne; comme va? tu si Nnapolitano comme a mme, e staje de cdsa a Rroma?

Giù. Compagno, non ne parlammo: è n’ anno cbe ’ mmanco da Napole e non ce pozzo toroà pe ccierte diebete fatte pe na briccona... cbe mm’ aveva da sposa,.e... ma avraggio da fa denaro però... ( fuori disè ) lo nomine de Giuseppe Scamorza napolitano de Napole, non è stato maje sotto a li piede de la gente, e...

rAnU Guè... ob! cbedè? tu tè sì ffatto russo comm’ a no gammaro! di la verità f avisse avuto quacche zzappa?

Giù. Anto cbe zzappa ».. è stato... lassammo sto trascurzo sino mme faje ire nfantasia: basta dirte che da 20 juorne aggio aperta poteca a Rroma... e pperchè a sta cità (dice tu mo? ) perchè aggio appurato cbe da sti cootuorne abeta na cierta briccona che mme facette spezzentì... e cchiù de tutto IP ag% gio co cchlllo cbe mme sceppaje lo core sujo... si lo combino... tu vi sti cquatt’ os? (aggruppando le mani) si sapisse com

  • me so ttraseticce!... io vi, sarria capace

co no punio de sformarle lo pietto.

séni. Guè y guè! m? avisse da piglia pe la nnammorata toja e mm’ avisae da consignà quacche ntorzastommaco?

’Giù. Non c’ è ppaura.

Ant. Cbe ssàecio... te veco fa ll’ uoccbie de spettato...

Giù. (ira sé) Mosca, Lise, a bello vedè nc’è ppoco.

’Ant. Chello cbe te prego, spicciate e acconcia sto barcone cbe sta situato justo addò lo fiume è cchiù pprofunno. [p. 35 càgna]Giù. E ttu sì ddeNapale comme a mme, perchè tetruovecca?

’Ant. Io sòsservitore de D. Alfredo amico de D. Rodrigo;soqco otta mise che ssimmo venute cca a gghiettarce le spese nziem$ co n’ auto sbaccbeuiato amico sujo... no cierto D. Paograzio Cocozziello che mmo spacca e ppe* sa co ddenare dinto a la sacca, rilòrge* e bba . scorrenoo: e ttutto chesto, perchè? pe ffa passà la malinconia a Di Rodrigo che s’ è stufalo decampa.

Giù. Tene denare assaje sto D. Rodrigo?

Ant. Uh 1 a zzoffunno.

Giù. E pperchestos’ è stufato de campa.

Ant. (Jna cosa, è ccaritatevole assaje.

Giù. ( primipia jk dar colpi di martello al balcone ) ‘

SCENA IL

- Pangrazio, gùindi Lt}\Qik e detti.

Pan. ( dal dì dentra ) Ne? che s&ignifica sto rummore lloco ffora? ]

Ant. Bonora 1 mo non è tlieropo de fa rummore, è ora de pranzo, stanno piglianoo liiponce..

Pan. ( dal gabinetto ) Ne, ne, chedè la cosa? (fissundosi a Giuseppe) chi è sta brutta figura?

Aiu* £’ lo ferraro; ’

Giù. Gnórsì, solo ferraro, sì v’avite da ferra, sto a lo commaono vuosto.

Pan. M’ ha pigliato pe cciuccio! non è ora chesta, torna cchiù ttardo.

Giù. Torno a cca n’auta mez’ ora?

Ant. Si, regolate tu. ( Pang. rimira con Antonino ) [p. 36 càgna]Giù. Ah! quanto pagarriana mbriacatella de vino buono...

Lui. Nemmeno qai anima vivente! 4bì innno detto cbe U mio padrino, il signor Rodrigo sia dentro...

Giù* (fiatandola > Non me nganno: Luigia, sì ttu?

Lui. E voi qui signor Giuseppe?

Giù. So benuto a annettere sta nferrìata a sto barcone che sporge ncopp’ a,lo fiimé.

Lui. ( cavando fuori la testa ) E pericoloso, non v’ è nessuno impedimento’ e con facilità si può cadere.

Giù’. Zieto Giovatane sta a la massaria?

Lui. Precisamente: sono dieci giorni cbe sera per sera venite a fare il vostro giochetto alle carte,ed assicuratevi che ha di voi tanta stima, che... giustamente per altro, giacche quando le persone meritano rispetto, non si può fare a meno di trattarle con affezione.

Giù. Quanto sì brava, quanto sì amabile! ( abbracciandola )

Lui. ( mostrandosi restio) Signor Giuseppe...

Giù. Non ne pozzo fa a mmeno: la bontà tloja se inmereta auto cbe ccbestol ma perehè sì tenuta eoa? a pporlà fuorze.denare d’affitto de la masseria?

Lui. Oibò, porto danari sì; ma non sono di mio zio; sono miei... miei sudori, miei Menti.

Giù. Comme? spiegate.

SCENA IR.

Pangbazio, Alfredo, e Rodrigo dal di dentro quindi Antonino.

Mf. ( a pièna voce) Alla salute di Rodrigo.

Pan. ( c,s ) Che ppozza campà pe ccient’anne. [p. 37 càgna]Rod. Grazie, grazie «miei miei.

Lui. Questa è la voce del mio padrino.... die

• possa godere (ulte le felicità del. mondo! Sentite; allorquando mia madre era gravemente > ioferma, tutti mi negarono un soccorso, ed

egli solosi prese «ora di aiutami dandomi

30 scudi; per cui, morta mia madre, io ho

travagliato nott’e giorno per ammassarli, ed

ora vengo a soddisfare un debito, tanto, sacro ai mio cuore.

Giù.. Brava, brava! (e.t.) ■

Lui. Grazie,, signor Giuseppe...

Giù. No» oe pozzo fa a mmeoo, non nfe pozzo fa p (Ameno.... e ceorome: to ave sto core mpietto; e ccbella Lisetta... ( piangendo )

Ahi ab lì., ma. sila trovo....vide sti noerva?

(conpiena rabbia) nce li voglio coozignà...

Lui.. Signor Giuseppe, voi mi spaventate!

Giù. Aggepacienza,losaoguem’erajutoall’uoc*

i. obici

SCENA ir.

Antonino con bottiglie framani e detti, quindi Rodrigo, Alfhedo e Pancrazio.

Ant. Qhlchi è sta bardasela?..

Lui. Fate l’ambasciata al mio padrino che lo sono qai e voglio parlargli.

Ant. Nce vuo parla 1 sè: staje fresca: chillo mo se mette ncarrozza, pò fk la solita passiata; Giusè, tu aócora staje cca? faggio ditto tokna cchiù ttardo, me pare che: ttiene la capo tosta!

Giù. ( rtientito ) Guè, gaè: vi ca to parie co no . masto fferraro; non ansammo stìtitirmene cauzante ca io so mmiezo pazzo. [p. 38 càgna]Ani. Che rroba è? te vbriisse fa gruosso?

/Gith sfrenandoti) E’ ragione: staje dinto a la easa toja e «on te pozzorispoanere... ( avviandoti) Lisè,U>bi¥pure chesto&offro!.. ma si f aggio dinto « sti minane, e cohiu dde tutto a lo marite titjo,,té voglio fa a bbedè belle coose. ( via )

Ant. Bella figliò, t’aggio ditto t... zi zi, esce lo padrone.

Alf. ( con\Pangrazio precedono Rodrigo che patteggia lentamente mostrandoti indifferente di tutto ) Evviva il cuore del nostro amabile

< Rodrigo! questa sera pel suo giorno natalizio festino «festino classico! Antonino, avete ordinato gelati, rosoli, vini forestieri?

Ant. Tutto, tutto; mo mmo veneoo li vastase co la rroba.

A’f. Rodrigo... neanche sei allegro, neanche ridi in questo giorno?

Rod. Affatto: il mio cuore vive nella sua solita indifferenza.

Alf. Ma abbandona qnella melanconia.

Rod. È impossibile; Ipaoja mi predomina: ecco, sono otto mesi ebe godo la vostra compagnia, mi ba reso un punto più sollevato, sì; ma scuotere tt mio cuore..... ah! non mai. D. Pancrazio per esempio studia per «ssere un buffone, sènza ohe io ptssa provare la menoma emozione; ( a Pan. ) preparatevi a qualche altre giochetto.

Pan. Sè: mo mme metto abballa neoppa à la corda! D. Rodrì, tu vuò avè qualeh’emozione? mfettete a mprestà denare; te doncO io na notar ella de cierte puntuale... t’assicuro che te mpapoecbiano ogne ggbiurno, e ttu haje voglia d’ave emoziune.

Rod. ( annoiandoti ) Basta... basta... [p. 39 càgna]—

Lui. (facendosiM6<nm% rtiipftrpairiQOi

i^. ( ChftJjalk):atiÌBJalÌUc^V,iri3H^4 ’:

Rod. Oh! addio Luigia. I Lai.’’‘Se*©tffiata pér..:. v,;; ir,-.

Rod. Poi... poi... oranon sodo dkpoito a senUrti... (mettendosi il cappello)

Lui. Ho fatto quattro leghe per venire fio qui.....

Rod. (senza badarla dice ad Ant.) La carrozza? Ant. E’ ali’ ordine. >

Rod. Siegoieni Alfredo, (via)

Lui. Quanto -sono infelice!

Alf. Aspettate: noi faremo una breve passeggiata In carrozza e ritorneremo subito. ’

Lui. Lasciate almeno.... ’ •

Alf. Replico, attendete. Paograzio, sia tua cura d’invitare per questa Sefra 31 conte Chiapp.

Pan. No, no: mmitalo tu sto signore; jo non ce tenco simpatia. Mo yogMa piglià na tazza de cafè.

Alf. Ho capito, resta in tua malora 1 ( via.)

Pan. Chisto pure s’aceommwzft a ntofà 1... cbe rrazza d’uoqameoe!.. );

Lui. Di tutto s’annoiano.

Ant. Viva la faccia de D. Paograzio! ala.aemp’at?

legro!, ■..

Pan. A la faccia de la scajenza! Ne bella figliò, tu sì mmaretata?: *

Lui. Io dovrei prendere il permesso; del mio padrino, per maritarmi.

Pan. Vi mo! ( eoa grazia} e ssi qualcuno, t?

preteopesse?.; rAnt. ( spingendo Luigia ) Va abbascio a lo ciardino, aspetta llà, ca lo patrone pio; torpa,

Pan. Ma lassala sta... v.;.

Ant. Va abbascio a lo ciardino, va va.(là spàrge come sopra e Luigia via pel detto luogo ) [p. 40 càgna]Pan. [rie«.alito) Ne, Nntonì?..

Ant. D. Paogrà, vuje subeto cbe bedite na figlio* la v’alluminate!

Pan. Aotoni: denaro nce ne tUnno, galaatarie nne . teoeo, D. Rodrigo me fa sciacqua buono, e pperzo vi.vorria no inuorzo de moglierelU,

•Ani. Ma l’età v osta è bastantamente... (guardatidò per la porta d’entrata ) uh! non me ocanno: chillo è lo parente de lo sposo de ’ Napole scorciato... ( dirigendo la voce al di JUori ) Guè; tu addò te mpizze? aspetta Uoco.

Pan. Bonora! va tatto stracciato!

4nt. ( e. ».) Nce siente? oh! addò is mpizze?

SCENA V,

PoLcmtiiA e detti.

Pul. ( entrando con abito tacere ) Cbedè? Io hi comme sto stracciato? saje ca la dispera* ciò ne gode la privativa, otìne jescetenne fora che aggio da parla co D. Paograzio.

Pan. Ah, ah, ah! chesta è bella!

Ant. No, è briitta <sa mo me sta saglieono la mio* cria!

Pài. Lo bì? è cc hello che ddico io? l’omino se po fa li fatte suoje? gnernò: vattenne fora, lassace parla, la eosa è dsegreto.

Pan. Antoni, vattenae; lassarne sentì ohe bò.. ’. aoze, pigliarne la sciammeria; voglio ire, a mmità chillo cbe mm’ ha ditto Alfredo.

Ant. (aPul.)Hqjeragione; ringrazia a sto signore, ca sino...

Pul. Sinò che! tu saje co echi staje parlaono?

Ant. CoectH? * [p. 41 càgna]Pul- (lo ubo che nO a omo ha avuto 24macziaie.

Pan. Ah, ab, ab! trase dinto.

Ant. Po noe parlammo. ( entra )

Pan. Nzomma che buò?

Pul. Miettete la mano ncopp’ a lo core... accossi.

( gli tasta la saccoccia e dice tra sè i ( sta mporpato, tene deaare.) Miettete la mano ncopp’ a la meuza... accossi (-tasta Torinolo ’ e dice tra sè ) ( è rrilorgio, nofurtecHlq,)

Pan. Che bò dicere sta storia i

Pul. Te siente sbattere l’interno cchiù de io esoleto vedennome tutto stracciato, sì o no?

Pan. ( mettendosi la starno’ sul suore) Nq, li Colpi so ppave.,

Pul. Vide buono ca neià dda sta lo sparo pe mmiezo.

Pan. ( c. a.) Gnernòv pare..*

Pul. Spare... e hanno da essere eparepe (forza, perchè lo: cervieilo mio «’è sparato pe ccausa toja e dde sorema.

Pan. Soreta... comme mo soreta?.

Pai. (con amaro sorriso) Ci»-’ aggio dafft:? non le l’allicuorde? D.a Lisetta che spoaeje co lo vieeohio ricevitore...

Po». Tu par lede Lisetta, ehelo marito, arrivanno a Rroma morette doppo ■ no mese, e cche •mo essa fa la madama ncasa, està a Piazza Navona? •

Pul. Iusto accossi.

Pan. E io viecchio quanno se la sposqje era rice- vitore?.. ■

Pul. Tanto bello.

, Pan. Ma comme ricevitore?

Pul. E non ricevette a io matrimonio eitja torze de cappucee, pomuiadore fràcete, fische,tofe ed altri strumenti da fiato? [p. 42 càgna]Pan. Ab ab, ah! sè sè, mo me ir arricordo,.. na* ’ io quase ogne giorna vaco a ssalutà Lisetta.

Pul ( minaccevole ) La vaje a ssalatà, è lovè? la vaje a S9alutà?.. e mme lo ddice có sta faceia fatta a pprove d’istromento po&tuto vac■’ ci nodo! e quanno la sì gghiuta a ssalutà, haje feddimmapnato maje de me?

Pan. No; non ciaggio pensato*

Pul. Lo bì, è cchello che ddico io? sì no puorco no schefenzuso?

Pan. Guè, guè, bada comme parie* perchè io ma so ggalantémmo e rricco.

Pul Ah mo sì rdcfco?.. e ba buono: quanno me dice cheeto, mo te pozzo dicere chello che ntfè siuceiessòper venire ài cumrentibus.Ha* je da sapè cbe quanno arrevajemo cca a Aroma, doppo la morte’de D. Gefaro, io no juòrno stanno a ttavola coLlisetta, rniniéso a ia contemprazione funesta de la morte de lo marito, tanto de lo dispiacere e dde lo chianto, vevenno. vevenno me. mbriacaje e ‘mine facette scappa da vocca ca io pe m’abbuseà SO ducale e sposarne Mariella, aveva ditto apposta cbe Giuseppe era nzurato...Oh!

’ ffrate mio, appena sorema sentette sto fatto addeventa}e na vipera; me fa na mazziata de primma quelita, e conun deposito di punta e tacco nel tramonto, ine ne caccia nzieme co Mmariella, senza darme manco li 50 ducale che me prommetteUe chillo scatolone de lo marito. Onne, mo so IS juorne che ghiammo menanno stoccate io e Mariella: la sorte però s* è botata a la via mia. e mai* ba fatto trovà a cchillo che nciave cótpa a li guaje mieje: ecco che mmo isso po àrremedià a lo ttuito. [p. 43 càgna]Pan. Sè: e cebi è ©Chisto mo?,:,, -jO

Pul. Si ttu, core mio, sì Uu.,. /,

Pan. Io, amine!;...

Pul. No, non fa lèfrecbe ca tu nciaje ccK-pa a li guaje mieje; perche faciste la donazióne sen* za metterce l’obbrego de dare 50 ducato a mme? ecco cca f faciipmQ Io ca$o che mmo non Barrisse ricco pg a

che* haje fatto, non te mettajrisse a lo puntò d’a?è doje detella «canna da me, e appUarte il corridojo del salope ventricoljòso? (inai* cando il collo) Me; volta, yp, ( mettendo la mano per esigerei ^ luì

Pan. Tu sì ppoEzzoi vuò $0 ducale da jne f * <,

Pul. Aggio capito:.filò T00! J transizione l dammenne 60: ch’aggio-da fa ^jic^perdo ncoppa nce vò pacipjazà-.; u;,.,fn su.

Pan. Va, va: mo sì veramente pazzo! che Sporta a mme de la miseria toj^t, v

Pul. Non te mporta? e qua^oo è cchesjp non te ‘ preme manco de là vita tqia* peffihe da ogge hnante, fatte lo bello cuntQ; che s^i ipiBUorto.

lo da dimane marina in p$i, jp.fc *e?<9 po quartuccio de sa^waauopè me* mbri^ca,, £ a£dò te trovo* tecoofregPjo li ddeielia. aJqpiUinente del tuo arcipelago.’,,vi ci

Pan. Chesto po nce Io ffacitnroo A ddjqeire; me wye compassione, ma che buò phe io caccio 50 ducale? v; * s c e N A, ’vi.;- - ‘

Antonino, quindi uiia voce tft lontananza e detti.

Ant. Ecco cca la sciammeria. "

Pan. Ma pure te voglio ajulà; (indossa la giam• [p. 44 càgna]berga epone la veste di tornerà mila sedia) Antoni, fallo trattenì cca, ca mo Che ritorna D. Rodrigo nce lo volimmò fa sentì chiac; chiaria, se po ddàlo cdso che cchisto co la figura soja accossi ccuriòsa lo farrà rridere e ss’abbusca aute che 50 ducale. Io?ado a invitare ll coóte Chiapp. (via)

Pul* Lo conte Chiapp ha dda veni a ttrovà a tte ne bello giò?

Ant. Lo Gielome nescanza de sto casato i.. sa che bdò fa, scinoeteone abbascio a lo Giardino, quanno assomma lo patrone io te chiammarraggio cca ncoppa.

( Odesi la voce thè chiama) Antonino#

Ant. E* lo segretario de Io padrone che mme chiAm* ma da lo planò superiore; è capitò? vattenne abbascio a lo ciardino. ( via per la cotnunc)

Pul. Vaco abbascio a Io dardinò?• mme vene lo gòlio de pigiiaruie quàcohe percuoco, ésee lo ciardeniero, mme vede accossi stracciato e cconzegna li ccotogna a mme! Sè,lfissando la veste sulla sèdia ) D. Pangrazio ha lassato sta cosa cca ncoppa; mo me la metto ncdollo, accossi Io ciardeniero mme piglia pe pperzona de casa, e non me dice niente.

( prènde Soggetto e t osserva ) Chisto mo comme se chiamma? soprabeto... no no: nce mancalo bavaraturo; ha dda essere purpo; e mmanco, li ggranfe addò stanno? aggio òapito, o è tlaicctiete, o palettongo.. • (l’indossa) Sè, me va accqoncio sa* [p. 45 càgna]SCENA, vy.

Luigia e detto.

Lui. É tardi, e non è ritornato ancora; iq debbo condurmi, alla fattoria, Sigaoce, sapete, s’è arrivato il mio padrino?

Pul. Patrieto?/ no, neo |o «accio..

Lui. Parlo di D.Rodrigo.

Pul. Ah! mo tornarra, io b isso sto appettando.

Lui. Si tratta della consegna di trenta scudi e nuli’altro, come...

Pul. Trenta scade;..so trenta ducate è lovè?

Lui. Presso a poco.

Pai. E echi taw sti SO ffcude?

Lui. to.

Pul. (tra sè) (Sta figliola tene 30 ducale pe cconzignarte a D.ftodrico; chillo me n’ha dda dà SO, mo meli ppiglio a ccunto. ) Perchè non ti assetti?

Lui. (sedendo) Finora sono stata seduta in giardino; voi chi siete?

Pul. ( sedendo a lei vicino ) Ah io?... ( ira sè ) (mpapocchiammola.)lo sono il suo segretario.

Lui. Non è più D. Federico?

Pul. No,.stamperm£83^$~gg(ùu$Q ala casa, perché ile s^hebutei li dolure. / ’

Lui. A sua moglèfrforsa? ’

PuL:tìjà, già.-.. ’

imi. Ma egli non è caMtq. j ■ ti i« ^ ^

Pul. Tu eke ddice?.so cfuattojoqiaecaetie sposaje alo patre. -;

lati» Ahi capisco,.il’padse sposò?..,

Pul. Già, e ffigiiaje la mamma.

Lui. Sgravò la madre...:, [p. 46 càgna]jPul. Gnorst, e ffacette a meae.

Lui. Voi dunque siete fratello del segretario?

Pul. Già,fraiello cousanguinico, e Ciglio legittima* to in ottava generazione.

Lui. Cbe confusione! figlio o fratello?

Pul. 0 figlio o fratello lo stesso sanco è.

Lui. Voi cbe affastellate? io non capisco.

Pul. Cbeste so ccosie che non ce premono: ozonima tiene li 30dacate?

Lui. Ve l’ho detto poco fa.

Pul. Dinto a na vorzella, o dinto a cquacche coarluscella? ■ v

Lui. Legati nel fazzoletto.

Pul., Che bella rroba è sta resta cbe tlenfe néuòllo.

Lui. Etdi stoffe.

Pul. E de stoppa! do; cca ne’ è lo capo de can» navo curto co la seta nzertata a spavo dup’« pio. ( tastando la roba verso la saccoccia ’ dice tra sè ) ( Cca tene là mbrumma.) ( resta parlando sotto voce con Luigia )

SCENA vin.

Un servo, Mariklla, quindi Antoniho,

" • in ultimo Pangrazio.

Servo ( introducendo Mariella furtivamente dalla comune (Fosse chillo?) (indica Pul. )

Mar. Goorsi. ( via il seìvo ) M’hanno ditto buono abbascio ca isso era venuto cca ncoppa: tene na vestd de cammera ncuollo e sta assettato vicino a céhetla figliola! Chisto chè mbruoglio è?

Pul. (tra sè) (Io mo comm’aggio da la p’avè iti 30 ducale!} Tu ftìtàmaretata?

Lui. Oioò, sono nubile. [p. 47 càgna]Pul. Si nntivola? ma de bon tiempo, perchè tiene na bella faccella.

JBàr. ( ingelosita ) (Sè! H )

Lui. Ohi sono gli occhi vostri...

Pul. No... eheHe che te moaierete... sta vesta mme piace assaje... perchè non teitruove no,marito?

Lui. ( tra sè) ( Sólo il mio padrino io amo. )

Pul. Rispondi, vorresti un marito? tu sì aggraziftaassaj^l

Lui. Sono gli occhi vostri, replico.

Mar. ( tra sè ) (Vi lo sforcato comme se òiancea!)

Pul. E ssi io te lo proponesse, tu l’avarrisse da dà la dote già... sii 30 ducate che ttieùe sarria n/accunto,.. ’

1far. ( e. s.) ( Ah tene 90 docaté! eppé 30 ducatt lo mpiso me vò lassale sse vò sposa acchella facciatosta! )

Pul. Vide, pe n’assempio, si tu te mm&rite...

Sfar. (recandosi innanzi le dice conironia) Sentifa, sentite lo consiglio de sto signore; mari» tateve e pigliatele a isso ca Ile servoqo30 fune ncannal

Pul. Mariè, tu che ddfcfe?

Mar. Briccone, briccotié! aggio ntiso, tatto..« mb guè; so ggiovene, e tte ùo pparola che lo primmo che mme capita; io:.;( con impeto dice a Luigia ) A tte, sùsete da Jloeo.;

Lui. Signora rispettatemi, peccherò sono la fi* glieccia...

Mqr. Sì la trigliozza! te voglio dà no scorfano nfcopp’alì’uocchio. ( indica un pugno ) /^/•Martella, Mariella, rispettala, ca chesta..# Mar* La defienne appriesso?. • mpesone, mpe&CK ne! ca non te voglio guarda manco pittata cchiù. v [p. 48 càgna]Ltd. (a Pul.) Misera me! cbe flgura m’avete fattp fare! -. •.

Mar. (contraffacendola)-—Miseratati cheligora mi avete fatta fare! —la castapanella, la trescansila s’è offesa!.. sciìti fuss’ accisa tu f isso!

SCENA IX.

Antonino e detti, gutndi Pangiazio ed altri servi’.

Ant. ( a Mar.} Ne «he rroba è? che staje mmiezo a lo Mercato?

Mar. Sto disto a la canajuro che te roseca I Pai. Mariella... ca io schiercbio.... (minacciando ),

Mar. K schiercbia, sehiercbia... ( Per. inveire ) imi. MisericordiaI costei è matta! (fugge mi giardino).,

Pul. - Mfctu haje pigliato sbaglio.., chella e...

Pan. Pillicene, tu staje cca e... uh! ( osservando Maria) sta bella paeebianella è?..

Mar- ( co» piena esagerasti»te per dar gelosia

• a Pul. ) Ub i vuje site D. Paograzio?... cbe ppiacere! aggio trovato-dinto a sta casa uno che mm’ha dato senipe a lo genio. D. P^p-* grazio, niioi da cbe non v’ aggio visto chiù-, io aggio perza la pace e lo repuoso.

Pati. ( inebriandosi ) che ddice? -.,

Pul. ( arrabbiandosi) Bene mio... bene mio 1.* . guè, ( ad Antonino > a ttemuovete,.. Am. Che aggio da fa? ’

Pul. E bbì cbiUe cbe Sanno.

ito». Aggraziata criatura! e ttu... . [p. 49 càgna]Mar. Io!.. io mersoi>iaur la femmina xchiù nfelice de la terra senza vederve...marno ve trovo, mo ve vedo, ve parlo e.ssi lo core vuosto parpita pe ipme, io gubeto ve sposo.

Puf. ( dimenandosi \ io mo me scanno • •. io mo me scanno!..

Pan. Nzomma tu?

Mar. Sì, io subeto ve chiammarragglp marito mio.

Pul. ( nelV eccesso del furore ) Lo chiammarrà marito! addòsta na mazza...

Pan. ( osservando la rabbia di Pùl.) Uh bonora! s’è nfuriato Jo pazzo!

Pul. Lassateme.. • lo voglio dissossà. (per in* veire contro Pangrtzio; Antonino lo trattiene ed egli per rabbia imperversa contro quest’ultimo dandogli schiaffi e pugni. Finalmente alle grida di Antonino accorrono altri servi e Pulcinèlla fugge seguito da tutti. ) /

Pan. Vi che ssorta de pazzo furiuso!

Mar. ( con eccessiva sorpresa dice tra sè ) ( Nescia me! Pulicenella s’è nfuriato de chella manerà! Fosse nnocente? avesse pigliato io equivocio!),

Pan. Ma che? Pulcinella I’è ffrate?

Mar. Scusateme D. Pangrà •.. chella bardasela che steva cca pòco primma, vestuta po...

( indica Vabito di Luigia ) chi è? /’

Pan. E’ la commarella de D. Rodrigo; lo sta a* spettannope pparlarle den’affare de premura.

Mar. ( tra sè ) ( Lo bì che aggio pigliato sbaglio! povero Pulicenella è nuocente. )

Ant. ( ritorna ) Air anca de la m^mmaT chillo sciaddeo se ppuosto accorrere pe lagradiata de coppa... s’è mpfzzatò dinto a lo quar[p. 50 càgna], tino de Io segretario, e io l’aggio chiuso ’

‘ dinto a ila cammera: chillo è ppaxzp sfrenato!

Màr. ( e. s.) ( Ah! àggio fatto lo marrone! )

Ant. Bella figliò, vattenneca sta sagUennò lopatrone.

Pan. NOfOO. Ntonì, lassala sta; Yoglio vedède farle assigaà na dote perchè la poverella s’ ha dda mmaretà. ( tra sè ) ( Accossi subeto me la sposo. ) ■ /

Mar. Ab! cbe IO Cielo ve lo ppozza rennere!

SCENA X.

Rodbigo, Alfbedoc delti.

Rad. ( si conduce dialogando con Alfredo ) Ma se tutto m’annoia; nè la moda, ne il viaggiare, nè il corteggiare una vaga creatura for* ma in me veruna’ sorpresa; tutto, tutto mi annoia, replico, il mio cuoré don prova emozione per niunverso.

Alf. Slarga la mano sugl’ infelici ed allora vedrai...

Rod. Ma che!.. ho collocate delle giovani f le ho assicurata una dote, e forse...

Pan. A pproposito de dote... sta pacchiana se v’orria mmarità e si raccomanda alla Vostra generosità.

Rod. Chi sei?

Mar. Accèlleozià, io so Mariella Scarfecehlà.

Rod. Scàrfecchia! ebbene: cosa vuoi?’

Mar. So na’misera pacchiala*..;

Rod- Pacchiana!

Patii Ossia villana. Pacchiana vene da pacchia, e siccome le pacchié... ’ [p. 51 càgna]Rod: ( infastidendosi) Basta < basta, come siete importane! ( a Mar. ) Vuol maritarli?

Mar- Sissignore..

Rod. D io sposo è pari ft^età sua?.

Pan. Non tanto, nc’è qualche mese di differenza.

( a Mar. ) E’ vero?

Mar. (tra se, ( Oicimmo comme vò isso* ) Gnorsì.

Rod. Ebbene, se una dote potrà formare Usua felicità, Antonino conducetela dal mio<segretario «1 piano superiore, e fatele consegnar la somma di 100 scudi.

’ Pan. 100 scude! so ppoebe.

Rod, Pochi! come?

Pan. E volite «he no gal antonimo comne a mme sposasse na villana...,

Rod. Comè! voi sarete lo sposo di?..

Mar. ChiaoQ, vuje die ddicite? ab l veramente ve crediveve che... gnernò.avite sbagliato; io pe ddà gelosi* a Ppulicenella v* aggio fatto chelle cquaito eerimmonie; ma Pulicenella è

lo nnammorato mio, e isso sarrà lo marito . mio,.„

Pan, faggio da. fa? ( risentito dice a Rodrigo ) Non date cchiù la dote a sta ntapeqhera.

Rod No, signor mio; la mia parpla è corsa, e voglio che invece di 100 sienó 120 scudi,* anzi Antonino, direte al segretario ohe ordinasse al mio ffttaiuolo d’impiegar subito nelle mie

‘ terre, sì lei cbe il suo fidanzato.

Mar. Che lo Cielo ve pozza fa essere contento pe ttutta la vita vosta 1., Acoellenzia mia, ve vaso li menane.... ( a Pang. ) Ma comme ve , pptiveve mmocaà «he io avesse ditto addavero? D. Paograzio mio: cca co ssalnte nce stanno belli spiecchie pe flarve addona ca la [p. 52 càgna]faccia vosta se po paragona a na trippa de v«fera. ( via )

, Alf. Ah, ab, ab 1

Pan. Aggio fatto sta bella figura I

Rod. ( ad Alf. ) In fede mia sono soddisfatto di veder collocata quella ragazza.

Alf. Par cbe il prestar braocio ad un matrimonio t’abbia fatto cangiar d’umore: perchè dunque non fai da protagonista coH’assutnere il . carattere di marito?

Rod. ( dopo breve riflessione )-Sl, l’idea,è nuova, del tutto nuova. Ma bisognerebbe cercare.,. ~ ‘ scegliere... se conoscessi qualcuna...

Alf. D. Pangrazio potrebbe...

Pan. Siilo il’impiego me maocarria!

Alf. A proposito; prendi la prima che si presenterà.

Rod. L’approvo: trovo un non so che di emozione... di sorpresa.

Alf. Ah 1 mi consoli una volta!

Rod. Se quella donna partita pdBo fa, non avesse avuto il suo Pulcinella...

Alf. Ohlaon ti sarebbe convenuta,è una villana...

Rod. Pregiudizio! è lo stesso... ma la prima che si presenterà...

S C E N A XI.

Antonino, quindi Lisetta, e detti.

■ Ani. ( a Rod. ) Signò, Mariella e Io nnammorato stanno, da lo segretario pe ppigliarse la let. tera diretta a Giovannelo fittajuolo: fora nce

< sta na modista, vorrebbe parlare co bost’accellenzfa.

Rod. Sentite il mio preciso comando: s’è mari[p. 53 càgna]lata mandatela via, s’è Ubera di sè-stessa fa* tela entrare.

Ant. (trasè) ( Vi che auta mmasciata! ) ( via )

Rod. Amici, lasciatemi solo con lei.

Alf. Come! e di già? •

Rod. Non mi bai tu detto — la prima (he mi si presenta?— ’

Alf. Sì, bai ragione. Pangrazio, che cos’è? sei rimasto pietrificato?

Pan. Sto ppenzanno a cchella cajototella.

Alf. Hai avuto un’eccessiva emozione!

Pan. Aggio avuto la nasceta de màmmeta! mo . farria cose de pazzo! ( entrano nelle stanze a dritta )

Ant. E’ cca la maddmai ( indica Lisetta che mo ♦ strandosi visibile s’ inchina è resta nel

fondo )

Rod. (guardandola con lente dice tra «è)(Il quadrò non è dìsprezzabile; s’è libera son maritato. )

Lis. E’ al signor Rodrigo che ho f onore d(i. parlare?

Rod. ( tra sè ) ( La voce è anche insinuante; il principio è buono! ) (ad Antonino ) Cbe fate voi qui? andate fuori.

Ant. ( Solite licenziate! ) ( via )

Rod. Sedete signora; ( seggono ) posso sapere a chi débbo il favore d’uaa visita sì inaspettata?

Lis. Sono a pregarvi.

Rod* ( tastando tl polso dice tra sè. ) ( Non ho a* vuto ancora alcuna emozione! )

Li*. Voi non ignorate cbe sei mesi fa una grandi* ne nel vicino paese rovinò molti coltivatori?

Rod. Ho inteso a parlarne.

Lis. S’e formato un progetto di. dare un ballo in profitto di questa povera gente, ed io vengo a proporvi de’biglietti. [p. 54 càgna]Rod. Volontieri;gl’ infelici in generale... a prò» pesilo, voi siete libera?

Lìt. Si signore sono vedova.

Rod. E’ molto tempo?

Lis. Un anno:• jeri terminò il mio lutto; mio marito mi sposò in Napoli ed aveva le sue possessioni in Roma; u signor Capriolò.

Rod. A un cavallo?

Lis. No, no: il casato Capriolò.

Rod. Ah! aveva capito tutt’ altro: no’, non ne ho avuto cognizione; giovane?

Lis. Vecchio piuttosto: ( tra tè ) ( ossia decrepito ) appena giunto in Roma, egli volle prendere un partito che convenisse alla sua età.

Rod. E quale?

hit. Mori.

Rod, Motivo per cui voi siete vedova?

Lis. Precisamente: volete dunque compiacer?!?

il prezzo de’biglietti è due carlini. (dandogli il foglio di sottoscrizione )

Rod. Mi sottoscrivo per 50. (firma )

Lis. ( tra sè ) ( Cbe uomo generoso 1 )

Rod. Anzi serbatemi un sol biglietto. ( dandole il danaro) Lit. Un solo! voi si può dire che siete un uomo di buon cuore. Son vostra serra umilissima.

Rod. Padrona, (le offre la mano e la conduce fino

alla porta. Lisetta ti allontana) E’ boa

buonissima donna... oh! e il mio matrimo*

oio? (si conduce.alla porta e chiama ) Signora, signora: si,; sii a voi....(fra sè) (Mi a* veva quaài fatto dimenticare del mio matrimonio. )

Ut- Mi avete chiamata?

Rod. Sì, ho dimenticato di dirvi osa cosai Voi -siete ancora giovane.: ’ [p. 55 càgna]Lis. Cbe dite?

Rod. No, non crediate che io voglia farvi un complimento. Di die età mi fate?

Lis. Sembrate di 28 a 30 anni.

Rod. Io bo 32 anni e54 giorni: il mio fisico credo ’ cbe sia passabile; il mio carattere è tristo per ‘ ( coi la vita mi sembra nna vera commedia;

il mese passato ho fatto un testamento a favore de’ miei amici cbe trovansi in quelle stanze a bere una bottiglia, senza però parlargliene; una sorpresa che voleva far loro pria che m’avessi fatto saltare le cervella in aria. t ’ •

Lis. Uccidervi! oimè!.. spero però cbe ora non pensate piò.

Rod. Ora bo.qualche altro progetto da... sentite:

’ io sono padrone di 300 mila scudi, per cui su due piedi vi offro la mia mano.

Lis. Come! siete divenulo mio nrannte?

Rod. Mi elidete capace di farvi felice?

Lis. Certamente.

SCENA xn.

Luigia e detti.

’ Lui. Vediamo se colui... oh! il miojmdrino è in conferenza con qàella ’ signora? ( resta nel fondo ) <

Ah*. E «osi?

Lis. Ma vorrei riflettere..!

Rod- Ebbene, v’aoeerdo dieci...

ihis. Giorni?,

Rod. No, dieci minuti di tempo, dodici... non più d’ua quarto d’ora. Io ritornerò a mi direte eoo tutta franchezza... eoa tutta sincerità— [p. 56 càgna]signore, son vostra moglie; sigaore, non posso esser vostra moglie.

Lui. ( tra sè) (Si marita? oimè!)

Rod. Capile? o un.be! sì o nn bel no — ($’allontana ripetendo) Signore, son vostra moglie, signore...

Lis, Non posso esser vostra móglie, v’ho inteso.

Rod. Vi saluto. ( entra nel gabinetto e chiude la

porta )

Lis. Pare che sià un originale!

Lui. Signora, vorrei farvi una domanda:.. scusate; io sono la figlioccia del signor Rodrigo, perciò ardisco di domandarvi se verav mente si marita?

Lis. Non v-ha dubbio, e tra hreve.

£ui. ( Che pena! ) Voi forse sarete stia sposa?

Lis. Probabilmente.

Lui. ( con tutta espressione ) Amatelo, amatelo ve ne prego; egli è tanto buono, Unto generoso... delle volte è melanconico, sì, ma voi cercate di mitigare la sua tristezza... non con violenza però, ma con modi prudenti...

Lis. Saprò là mia obbligazione 9 non è mestieri che facciate l’istitutrice.

SCENA xm.

PiMGaAzio, Alfredo e dette.

Pan. Vedimmo, vedimmo sta madama che dovrà sposare... ( ravvisandola ) yh f Lisetta Pacchietella!,

Alf. Lisettuccia I sarebbe possibile?

Lis. Amatissimi signori: siete for$è voi gli amiói del signor Rodrigo?

Pan. Precisamente: e ttu avrarje da esstire la sposa suja, di’la verità? [p. 57 càgna]Lis. Almeno; par che.sia sua intenzione di...

Alf. Barbara! e quelle tue occhiatine tenere che mi bai scoccate allorquando mi son condotto a salutarti?

Pan. E tutti i miei sospiri dedicati alla tua faccia?

Lis. Buono! aspiravate voi evviva il vecchietto! (È d’uopo divertirmi.) se dal bel principio vi foste spiegato, io volontféri avrai accettata la vostra offerta; mio simpatico, mio amabile candelabro!

Pan. Candelabro!

Alf. Ah, ah, ah! ma non vuoi persuaderti amico che ti spetta la veteranza in amore: io, io avrei potuto benissimo avanzare le mie inchieste colla speranza di essere appagato.

Lis. Certamente, ma ora...

Alf. Ora non posso fare altro, che prender quella tua gentil manina e guidarti nel riposto per assaggiare un bicchierino di Bordeaux.

Pan. E lo stesso, se volete vorrei far io.

Lis. Non sono scortese a tanta gentilezza! (porgendo le mani ad entrambi )

Pan. Compitissima!

Alf- Amabilissima!

Pan. Simpatichissima!

Alf. Vezzosissima!

Lis. ( con grazia ) Mersi, mersì messieur.

Pan. Madamvu set sgiantil; fetvu plesir de...de... jàmmonce a bevere lo bordò!

( entrano a dritta )

Lui. ( fuori di sè ) Povera me! questa donna dovrà esser compagna al signor Rodrigo, a colui che tanto rispetto., • che m’è piò caro della propria vita! [p. 58 càgna]-MB Giuskppk e detta.. Giù. ( si presenta in modo disordinato e furentissimo J Sta òca... sta cica... ( guardando d’intorno ) me l’hanno ditto abbascio.

Lui. Signor-Giuseppe... che cosa volete?

Giù. Dimme... avisse visto nafemmena... ( indica le fattezze di Lisetta)

Lui. E’colei precisamente; la futura sposa del mio padrino.,

Giù. E lo nomme sujol

Lui. Ah! sì, l’ha’ pronunziato mi amico di casa; chiamasi Lisetta Pacchietella.

Giù. Iiisetta Pacchietella! ah I ( con vendicativa gioia ) l’aggio avuto jdintò a li minane finalmente t

Lui. ( atterrita ) Signor Giuseppe.... voi sembrate un forsennato ( signor Giuseppe, ve ne scoogiuro..non fate male a} mio padrino.

Giù. A lo sposo? no... non ce penzà.... anse (fremendo ) Ile voglio fa no carezziello...

Lui. Oh Dio! voi avete un’aria minaccevole 1

Giù. (pasteggiando fuori di sè, ì E’ n’ anno, è u’anno che la vacotrovanno... maè ccaduta dinto a le minane meje!.. addò sta, addò sta chillo che rnrn’ha fatto perdere lo core de Lisetta?

Lui. Che volete fare del mio padrino?

Giù. Addò sia sto padrino? Ile voglio soni quat* fossa dinto a to crovattino...

Itti. Oh Cielo!., egli è... ah si... propriamente nel giardino...

Giù. DintQ a lo Giardino! è mnùorto, è mmuorto

/ [p. 59 càgna]’ pB li minane mgje. ( via furente pel luogo indicato )

Lui. OJi! che ho fatto I ho denunciato il mio padrino senza volerlo.... miserarne! (bussala porla del gabinetto e chiama premurosamente) Signor Rodrigo... padrino mio... signor Rodrigo...

S C E N A XV.:

Lisetta e delta, Rodrigo, in ultimo Giuseppe.

Lis. Che dbs’ è? chichìama li signor Rodrigo?

Lui. Sono io; hopreciid bisogno di parlare con

Lui.

Lis. Ora non è possibile, uscite. ■, ’

Lui. Ma no, ma no..

Lis. Ma si, ma sì: uscite uscite.

Lui. ( s’avvia dicendo fra sè.) (Giacché sono scacciata senza rivederlo, lo farò avvertire del perioolo che lo minaccia dal servo Antonino. )(via) ■ ’

Lis. Non; comprendo; Io chiamava premurosa. mente senza esigerne risposta: (guarda nella tòppa ) che f dorafé! ( chiama a voce alta), Signor Rodrigo; (fa forza’s’apre fu. scio edosservasi Jìodrigo disteso su cP un divano che,dorme. Lisetta ripete ) Signor Rodrigo, signor Rodrigo.

Rod. ( destandosi ) Chi... chi... ah! siete voi

■ madama Lisetta?

Lis. Cos’ è? stavate sognando

Rod. Sì; (.recandosi innanzi) sognava che voi eravate vicino a me e dicevate con voce incantevole e con tuono dolcissimo, che no» [p. 60 càgna]potevate affètto vedérmi. Io sentiva utf emo* zione, penosa sì... ma era emozione.

LU*. Al contrario, i dieci minuti sono passati.

Rod. Quali dieci minuti? ah, 1 si, mi ricordo: ebbene, ricusate?

Lis. Al contrario, accetto.

Rod. Davvero!

Lis. Ma cbe? ciò vi sorprenda?

Rod. Affatto, (prènde dalla tasca un porta giga-. ri, e a’accinge a fumare ) Abbrevieremo la cerimonia quando vi piace.

Lis. Come 1 è questo l’effetto dell’ amore?

Rod. E qual effetto volete voi... vè ne offro uno.

( le presenta un gigaro )

Lis. Grazie, io non boquesta virtù.

Rod. (accende ilrno figaro e fuma)

SCENA XVI.

Giuseppi e detti.

Giù. (comparisce dal giardino, e nel vedere entrambi retta eccessivamente torpreto dicendo tra sé) (Eccola là! )

Rad. Sedete, mia cara, dovremo discorrere sull’oggetto.

Giù. (c.s.) ( Sedete mia cara! ) ( stralunando gli occhi)

Lit. Eccomi per compiacervi. (nel momento eh’ è persedere, Giuseppe si presenta togliendole la sedia che viene balzata al suòlo) (^h! ) (fuori di sè)

Giù. (gridanS ) Non l’assettante, no, no.

là*. Giuseppe!!!

v Giù. Io carne ed ossa.

Rod. ( colla massima indifferenza senza muover-» [p. 61 càgna]t

si dal suo sito ) La mia fatura sposarono* sce questo gentiluomo!

Giù. Sonco io, sonco io, signora madama: io che te vaco cercanno da n’ anno... io che aggio venouto’ la poteca pe ccausa* toja; ma mo t* aggio trovato e yvoglio vennecarme co li mmane meje proprie.,

Lis. E come! venite a rimproverarmi j^lla presenza del signor Rodrigo?

Rod. ( con la solita freddezza ) No... po... servitevi senza soggezione.

Giù. ( con pieno disprezzo) Sfasciata a ccancarò, signor mio, non me fa nisciuna mpreseione.

Lis. Giuseppe...

Rod. ( fissandolo ) Di chi parlate?

Giù. ( con tutto furore ) Di voi.

Rod. (flemmaticamente ) Giusto di me! (ponela mano sul suo cuore)9Ah! ecco un’inaspettata emozione! in fede miai] cuore mi batte,.. (a Gius, cm amaro s’ùrriso ) Voi uscirete di qui, non è vero?

Lis. Giuseppe....

Giù. Cjie ccos* è? cride de fanne lo guappo! te voglio fa assaggià no piro spiuo. 1. ( aggruppando la mano ) ’

Lis. (frapponendosi) Fermatevi per carità!

Rod. Voi dite davvero? (si toglie Vabito -per. prepararsi alla pugna ) Ecco là prima emozione, é la più bella chè abbia avuto in tempo di mia.vità. ’

Giù. Cca siammo nuje, jammonceijne! (invitandolo alla zuffa)

Lis. Fermatevi...

Rod. Lasciateci... (a Gius ) A noi.

Giù. Ànoi. [p. 62 càgna]Rod. ( con tuono imperiosa ed a piena voce ) A. voi, aaeitfrfuori.

Giù. No.

Rod, Uscite*

Giù. Pfo.

Rod. Nò! nò!! ì(ei afferrano amendue sfanno tforzi d’ambo te parti per rovesciarti al suolo. Finalmente, lottando e retroceduto’ do veTso il balcone, cadono entrambi nel fumé.

Gàt\ ^ 9it,ano un 9*id°) Ah |

ZA. Oimè! entrambi sono sbalzati nelle ac<)ue del Tevere! ( chiama a viva voce ) Correte D. Pati grazio, 0< Alfredo...

SCENA XVII.

Panghazio, Alfredo, Pclcinklla, Antonino Mariella e detta.

| Cbe cosa è stalo?.

Pui. i

Mar. } Ch’ é ssucciesso?

  1. D.Rodrigo...il ferrdro... entrambi sono

caduti nel fiume. •

Ant. (a Mar. e Pul.) Lo padrone mio, lo benefattore vuosto è ggbiuto abbascio.

Mar. Dintò a’io sciutnmo D. Rodrigo!

Pul. Oie!... chillo che t’ha date la dote! chillo che me manna abhuscà pane, dinto a lo sciummo! ( va per slanciarsi nel fiume e tutti lo trattengono ) Lassateme. [p. 63 càgna]Putti Che buò fa? ’<

Tul. Niente non sento, lo l’aggio da salva, (si svincolo, corre frettolsàmente al balcone per slanciarsi, e quindi t’arresta ditendo freddamente^ Pozzo piglià catarro!., se nne paria dimane!

Fitte della secanda epoca [p. 64 càgna]PARTI TKBZA

ll teatro rappresenta una «tanta rustica d’an podere di Rodrigo. Dna porta nel fondo condooe alla campagna > an’ altra a dritta mena ad an forno, e similmente a dritta è segnata la porta <V strada. A sinistra osservasi ona finestra ed on gran camino, sai qaale è ano specchietto ed ona bugia con cortissima candela; an tavolino con ricapito e sedie rustiche. Notisi che al suolo vi debbono essere tre cateratte che conducono in una cantina.

SCENA I.

Giovanni è occupato a riscontrare un registro di conti, quindi Luigia, in seguito un villano.

Gio. Ed ancora non veggonsi giungere nè Pulcicinella, nè Giacomo: son sicuro che entrambi saranno neil’orticello agiuocare alle bocce. Luigia, Luigia:

Lui. (di dentro ) Caro zio?

Gio. Giacomo e Pulcinella sono giunti?

Lui. Non ancora.

Gio. Cbe stai facendo?

Lui. Sto battendo il burro.

Gio. Giacomo Astato mandato dal giudice; Pulci[p. 65 càgna]nella dal notajo per sapere se oggi avrà luogo la vendita de9 beni del signor Rodrigo mio fù proprietario, e nessuno si vede arrivare... Ma che idea! annegarsi con quel disgraziato di Giuseppe: manco male ebe la fisonomia del signor Rodrigo è stata sem, pre a nfe ignota,perché io giunsi da Firenze in questa fattoria allorquando egli era di $ià divenuto padrino di mia nipote: ho conteggiato sempre col suo segretario, e nè il padrone si è data mai la cura di visitar lè sue terre: per cui se lo avessi conosciuto. •. in questa circostanza avrei avuto maggior dolore..

/’zV/ttàignor Giacomo, v* è un uomo che domani da parlarvi in segreto... ha una fisonomia die fa spavento!

Ciò. Fallo venire avanti.,

Villa. (via dicendo a voce alea ) Il signor Giovanni è solo, potete entrare.

Gio. Un uomo che vuol parlarmi in segreto! chi mai sarà?

SCENA II,

Giussppfi * detto.

Giù. ( con fisonomia smunta, capelli irti e tutto disordinato ) Giovanne y salvarne pe cca; rità f

Gio. ( atterrito ) Che! 1! misericordia! Giuseppe! Giù. Si, Giuseppe sonco io.

Gio. E non sei morto 1 x s

Giù, ( sottovoce) È mmuorto D. Rodrigo: appena Stentatamente ascètte dall’acqua, me tnenaje dinto a no pantano, e ssento che D. Rodn[p. 66 càgna]go s’era annegato. Figurate: ohe buò torna cchKr a la pòteca; aggio avuto paura de la justiiia, e dda no mese vaco fujenno pe Stì ccampagne,.. Io sonco nuocente, ma comme provarlo? tJio. Che posso fare io per te?

Gtu. Àggio visto là forca che bà rópnianno pe sti contuorne, none’è no minuto da perdere... annascunneme a quacche parte, o so pper* ditto.

Gw. Nasconderti! e dove? nelle proprie tenute del morto Rodrigo!

Lm* ( dal di dentro )Zio Giovanni.

~Giu. (atterrito) Luigia,la commarella de lomuorlo! annascunneme bonora...

Giù. Qua» qua. (indicandogli la porta che mena al forno) Mettiti ^dietro le fòscine.

Giù. Aggio capito; portarne quaccosa de magna caio mo®’ abbocco da la famiqa! (entra) Gto: ( chiude la parta senza toglierne la chiave)

. Mancava questa sorpresa,per maggiormente imbarazzarmi.

SCENA III.

Luigia., quindi Rodbigo e Pulcinella

r *

Lui. Arrivano Pulcinella o Giacomo.

Gio.. ( incontrandoli ) Vi siete fiuahqente compiaciuti di ritornare?

Rod.. (con abitò da villano, e senza baffi pretenta

•,.. il carattere d un uomo trivialittimo) Ab!

sono stanco! ( èiede)

Pul. Sto siracquo io pure ( c. S. )

Gio. Volete na caffè?

Pul. ’Amerei piuttosto una zappa di carnacotta. .Gio, AIIous! alzatevi screaozati!... signora Lui* [p. 67 càgna]già, vi sonò obbligatissimo del complimento che mi avete Cattò presentandomi uto mese fa questo bel mobile; ( indica Rodrigo ) pel tempo scorso mi son divertito con Pulcinella. e la sua fidanzata...

Pul. Co Pulcinella e la sua inalata! iò non aggio portato niente... (Rodrigo ride net tenarie sciocchezze di Pulcinella)

Gio. Non far lo scimunito... fidanzata, non in* salata... mi hai preso per trastullo? io ti fiacco di legnate!...

Puh ( con tuono ) Eh! eh! signor frittanolo... badate come parlate, sa...caio non so quac* die straccio comm’ a ccbisto che t* ba por» tato nepoteta! ( indica Rod. ) Io so n* ommo ehe merita tuttala vergogna possibile...

Io si so benuto òca, so stato pregato da lo segretario loqfiale fìijeordinato da D.Rodrigo eh’ era lo patrone de sti tterre; e Ssi,me n’aggio da ire, D. Rodrigo me n’ ha dda caccia.

Gio. D. Rodrigo! egli è morto annegato, come vuoi

Pul. Non saccio niente, t’annieghe tu pure, lo vqje a ttrovà,e ppiglie lo permesso de me ne caccia.

Rod. Ah! ah! ah! »

Gio. Facciamo ridere a S. fi. (mostra Rod.)

Lui. (furtivamente) (Caro padrino, un pò di mode-„ razióne.)

Gio. (a Pul.) Sei stato dal notajo?... -,

Pai. So stato da lo notaro, ma T aggio trovato scinto* e ssa perché? perchè so gghiuto prim Ìia da Mariella...

dimazzato, ammazzato tu « il signor Rodrigo che qui ti diresse.

Rod. (tra té) (Meno male ehe son mòrto!)

Pul. (miqacciando) Gaèiiioa parlà male de cbillo, [p. 68 càgna]sa...’guè, non ardì,de dicere na meza paròla contro a ccliillo muorto eo la bona saluta, ca io te sciacco viecchio e buono, sa..^

Lui. Pulcioella...

Pul. (con tutto cuore) Cbillo che nup’ ba fatto de bene a mme e à Mariella, io 1q rispetterò fino... fino all* estermiuàzione de’ miei bimestri, capisci?e ssimbè uon l’aggio visto cbe quanno steva diuto all’acqua. a uso decapitondello, pure rispetterò i suoi memoriali fino... fino al-secolo decimo quìglico... capisci?

Rod. (si slancia e lo bacia dicendo tra sè) (Ecco la più bella emozione che abbi$ ricevuto nella mia vita!..uno zotico,un uomo rozzo esser grato, e..(con tuono scherzevole) Bravo! il morto Rodrigo si ricorderà di te.

Pul. Grazie,1 portale i miei rispetti al morto: io ho fatto ciò che dettava il mio disonore.

Gio. Tra breve il iqio podere diverrà l’ospizio dei matti!

SCENA IV.

Villano e detti.

Vii. Signor Giovanni, il giudice viene a questa volta.

Gio. Possibile! Luigia, Giacomo, rassettate la stanza. Vieni meco, ( a Pul. ) andiamo a fare gli omaggi al giudice, (via)

Pul.. Jammo a ifa li viagge a lo giudice l.e cebe 8simmo fatte vastasetf (via)

Lui. (sottovoce) Caro padrino, bisogna copteoervi, potrest’essere scoverto.

Rod. No, no, non v’è timore, ima rara Luigia; co* [p. 69 càgna]si Investilo nessuna mi potràconosqere; era quasi notte, uscii a stento dalle acque dei Tevere, la fortuna mi ti fece incontrare 9 mi salvasti... ebbene; una simile avviatura m’ha fatto cred’jo cangiar di fisonomia: guarda, la paia toletta è dimenticata all’intutto.

Lui. Ma che perciò? ( affettuosa) sempre siete ^ quell’atnabile Rodrigo,. quei buon padrino, vado a prendervi la colazione.

Rod. Cavoli secondo il solito?

Lui: No,zuppa, e zuppa’ finissima pel mio padrino. (entra)

lJòd. Costei ha principiato ad innamorarmi...ah! pur troppo è vero: la vita campestre è inapprezzabile; quando io era ciò che era, alia mia tavola non maqcava niente».. tuito era prelibato, tutto sublime, ed il mio stomaco trovavasi sempre languente!..ora che mangio cibi grossolani, mi sento robusto come un toro.

Lui. (ritorna con rustica zuppièra) Qua è la zuppa per voi, mio caro padrino!

  • Rod. Non chiamarmi padrino, te l’ho detto mille

volte... chiamami Giacomo, potresti compromettermi.;,

Lui. Ecco; l’ho tenuta in caldo, e l*ho fatta con pane bianco all iqeaputa di mio zio.

Rod. (mangiando) Bravo la mia Luigiaf non-credeva che fossi così buona.

Lui. Ciò che fo,per voi non deve sorprendervi: siete stato sì buono per me...

Rod. Buono per te!... e non era questo l’obbligo mio?

Lui. Ah! vorrei che fosse in mio potere di alleviare la vostra pena.

Rod. Ma non è poi tanto pesante; nella mia posizione una sola cosa Ai rammarica ed è la mia [p. 70 càgna]coscienza!.. ( guati fuori di ti ) ffo annega* to un mio simile e provo tutte lé pene d* io* ferno!.. il ferrato mi perseguita da per ogni dove... egli è là, avanti a me sempre... io sono sempre con Ini... donno coli lui... man* gio con lui!.. Jeri... non più tardi di je^i, guardando le mie pecore,m’addormentai sol* to d’un albero: appena chiusi gli occhi, vi. di avvicinarmi la mia vittima, che mi rato* mentava atrocemente la morte funesta.., •.

Lui. Ma voi dovreste scacciare simili idee... per voi sarebbe necessario d’allontanarvi da gue* sto sito... dovreste prendere altro Cielo...

Roti, (amoroto) No, non posso andarmene I ’ Lai. E perché?

Rod. Perchè.,.perchè...e non ti dispiacerebbe se io m’allontanassi?

Lui. Sì... ma pel vostro bene...

Rod. Tu vuoi dunque che m’allontani da Quella che tanto amo?..

Lui. Ah... sì... Lisetta...

Rod. No, non è Lisetta la mia speranza: lo vuoi sapere?... ebbene sappilo... io amo...

S C E N A V.

9 ’ ’ * Giovanni; quindi il Giudice, Alf&bpOjI’anghaziq, Pulcinella e detti.

Gio. Il giudice arriva cogli eredi per dividere le proprietà del signor Rodrigo.

Rod. (piano a Lui) (Mi mancava a far da testi* monto al mio testamento! ) (poggiandoti sul camino di tpalle alla porta Centrata per evitare gli tguardi di Bang. Jffre. e’I Giù’ dice ).

’ ♦ [p. 71 càgna]Alf. Favorite, signor giudice: Giovanni, noi sia* mo qui per far la divisióne di tutto ciò cbe ci ha lasciato quel babbeo di Rodrigo.

Pan. Babbeo! haje da dicere porpetta, porpettone! Ptil. Vi ca’ sa che yi dico? parlate,bene de D. Rodrigo, ca sino l’affare fènesce a malazzate! Giù. Zitto, arrogante t ecco il testamento, (l’apre e legge) « lo sottoscritto Rodrigo Largella... Pul, Povero Lancella. «. mo se spàrtene pure li ccofeoatora!

Giù. Ma una volta vuol tacere? se non mi servis* «eroi testimoni lo farei esodar fuori— < Dic chiaro lasciare al mio antico Pangrazio « Cocozziello il mio lenimento denominato

< Ciaradella: al mio grato, «incero, ed af> « fezionatò Alfredo... rAlf. Grazie, grazie... quante caricature!..

Giù. «I due stabili alla strada Montecavallo, e la c metta della fattoria dell’Erba; l’altra metc tà ed il resto della mia eredità, mobili,con« tanti ed altro, che sia incaricato il mio c amico di diriderla al fattore Giovanni e la c mia servito. »

Pul. D. Rodrigo mio... e oomm’ è stato!... * (piangendo)

Mf. Fateci esaminare intanto questo fondo coq tutta precisione.

Gio. Pulcinella, conduci quésti signori da per* tutto. Pul. ( tra sè) (Pure dinto a lu puzzo!) (il Giudice,

Alf. Pan. e Lui. con Pul. viano per la porta ehe conduce alla campagna )

Gio. ( tra aè) (Facciamo uscire quel povero Giù* seppe. ) (finirà nel forno e chiude la pòrta ) Rad. Ecco cosa •significano gli amici! veri eredi affezionati che piangono i defunti!.», ah! se [p. 72 càgna]io non fossi morto... ( fissa casualmente lo sguardo sul testamento ) Come!... sì... è il mio,., ah! cari amici non potete aspettarve io! (scrive sullo stesso testamento poi legge) «Roma il 19 Aprile»; io mi sono annegato il 20,può darsi che abbia scritto.il 19: vien gente, scappa scappa, (viafuggendo perla porta di strada. )

SCENA VI.

Giovasi», Giuseppe, quindi Pano* Alpbedo.

Giudice, Pulcinella.

Gio. Giuseppe sotto di questa eamera v’è una specie di cantina nella quale mio padre fece fare due o tre nascondigli per... capisci? qui

vi sono diverse aperture... qua... là... là... (le indica al suolo) scendi ora... (apre una cateratta )

Giù. Eccome cca, abbasta che non so bisto, sino

li ccancelle m’aspettano.

Gio. Avrò cura di te pel mangiare.

Giù, Puh! che tanfo squisito!

Gio. Qui si faceva la conserva de’ pomidoro.

Giù. Vide buono,, fosse stata quacch’auta conserva! (scende e Giovanni chiude la cateratta)

Gio. Manco male, provvisoriamente 8’ è riparato.

Alf. (ritorna contrastando) Io ti dico che ciò non sarà.,

Pan. E io ti.dico che ssì.

Alf. —Che sia incaricato il mio amico—s’intende Alfredo.

Pan. Perchè Alfredo e non Pangrazio? non l’era io pure amico? [p. 73 càgna]Kiiu. Piano, piano: rileggiamo il testamento..(legge sottovoce e si sorprende) Oh Cielo!

Tut, Ch’è.stato?

Giù. Nel lèggere il testamento non bo veduto un codicillo.

Tut. Un codicillo 1

Pul. Un soricillo!

Giù. (legge) « Prevedendo cbe domani posso anue« garooi, dichiaro nulla tutte le disposizioni « del testamento, e lascio erede universale « di tutto, la mia figlioccia Luigia Corsiera, Tut. Come!.

Pul. (saltando ptslgiubilo) Uh cche ppiacere!.. uh! ssi muorto che puozze campa 100 pnne ì.

SCENA VII. *

Luigia, con bottiglia e bicchieri.

Lui. Ecco signori un pò di vino prelibato. ^

Alf. ( guardandola sott’occhio dice tra sè ) ( Di» seredato! ah... se potessi..)..

Pan. (c. s.) (La guaglionaè assaoguatellà...)

Gio. (c s.) (Sono vedovo; e come suo zio la posso sposare...)

Lui. Signori!., dovete scusare... e vino del paese*

Pan. (affettuoso a Luigia ) Cbe bella cosa 1‘ essere servito da sti belle manelle. *.

Lui. ( tra sè ) ( Io non capisco nulla )

Pul. ( c.s. ) ( Vi, vi, tutte se ntesechèsceno pe se la sposa! Oh mondo! mondo! sei pur sitibondo nel tuo mappamondo! )

Gio. (accostandosi a Luigia ) Son sicuro eh’ ella non badi all’ età... basta che sia un marito affezionato... [p. 74 càgna]Alf (frapponendoti ) Ma dqq è possibile che scelga ho marito appassito...

Pan. ( c. s. ) Chi ll’ ha ditto? quanno è un uomo simpatico... ( vezzeggiandosi )

Pul. (Vi,vi chella cornacchia comme sevroccolea!) (burlandoli) E mme cuoglie ca non me cuoglie — tagliarielle co ll’aglio e li’uoglio!

Luì. Ma che significa ciò? che preme a me della loro età T 1

Giù. Essi sono stati diseredati, è voi siete stata chiamata erede universale di tutto.

Lui. Che!!! (con gioviale sorpresa)

Gio. Ma tu non potrai restar senza.un marito...

Lui. Sì, «ì, sposerò Giacomo.

Gio. Quello scioccone! ora lo cacciò via.*

‘scena Vili.

Rodbioò e detti.

Rod. ( passa furtivamente e si nasconde nella porta che conduce alla campagna dicendo fra sè) (Avranno letto cièche ho soggiunto.)

Lui. i se ne avvede t dice trasè ) ( Eccolo: se Ìo veggouo egli’è perduto.. ) ( a voce alta per1 far sentire a Rodrigo ) Ma io ho scher ■ zato... vi pare? sposarmi uno scioccone... un imbecille qual’è Giacomo...

Rod. (c. s. ) ( Benissimo! anch’ ella grata al pari degli altri

Lui. ( c. s.) ( Bisogna impedire che si scaglino oontro diluì. ) Sì, sceglierò un marito.

Tutti. Quando?

Lui. Oggi stesso. ( Mandiamoli via acciò non h> veggano.) Venite, venite, signori, seguitemi, ho detto che sceglierò un marito. [p. 75 càgna]Gio. (affettuoso ) Luigia, ricordali cbe ti ho cresciuta.

Pan. Jlfr. Pensa a noi altri che.,.

Luì. Si, sì,usciamo, [via Luigia, Alfre: Pangra: e Giud. per la porta di strada. )

Gio. Io ho deciso, e Luigia sarà mia moglie.

Rod. ( si slancia e lo afferra con impeto dicendogli ) Sarà un* cavolo tua moglie! questo^ progetto non mi piace, ed io te lo proibisco!

Gio. Che!! ( atterrito } (i sei dimenticato cbe so* no il padrone?

Rod. Non sento: se otterrai la mano di Luigia io V ammazzo.

Pul. Ah y ah, ah! mo lo padrone è aedso da lo sotto...

Rod. Rinunzia a Luigia o ti strozzo.

Già* ( È furente, bisogna secondarlo). No... non.di penso più.

Rod. Va subito da quei due melensi, e di loro, che non pensassero più a quella ragazza.

Gio. Sì, sì, farò tatto quello che vuoi, non t’allarmare.., non ti prender collera... (parte dicendo ) ( Ora tf accomodo io. )

Rod. Vederla maritata con tra omaccio! non mai.

Pul. Si,sì, haje fatto buono; e ssi chillo buonfommo deD. Rodrigo... ah! ah! ( piangendo quasi). l’avesse canosciuto. ».avesse avuto sta sorte!. • mo nce vò, me n’ avriadate granello.

Rod. ( con vivo cuore.) Non dubitare cbe Rodri* go, abbenchè mortò,pure ha conosfeiuiojl tuo belpuoreU abbracciami, abbracciami... sór lo., solo*., unico amico mio!..,

PuL Ora fi! ti muorte pdre sv an ioordanò de me! [p. 76 càgna]/

S C E N A IX.

Luigia, quindi Pangrazio, Alfredo, Giudice e detti.

Lui. Caro mio padrino... quanto sodo contenta che l’avete diseredati.

Rod. Luigia!.. ( guardandola con occhio minaccevole)

Lttf. Prendete nna parte del vostro danaro,fuggite, salvatevi., io vi manderò il resto...

Rod. Come! io ti do la mia fortuna, e tu vuoi ridarmela?.. ma che? m* aleresti forse?

Lui. Sì, quanto me atessa.

Rod. Tu m’amil.. ah! quanto è betta resistenza., sembrami rinascere!..

Lui. Se alcuno vi ascoltasse.. ohf( avvedendosi di Pulcinella ) tu!..

, Pul. No., no.. Tacite io fatto vuósto senza sogge* zi one...

Pan. ( dal di dentro a voce alta) Io voglio vedè chi è sto cafonciello che ncia mannato a ddicere... ( nel comparire cogli altri subitaneomenie, s’ incontrano con Rodrigo )

j Che!» Rodrigo!!!

Rod. \ Sono scoverto! )

Pul. Lo muorto risuscitato!

Giù. Signore, voi!

Pan. E non si mmuorto!

Rod. Son vivo, son vivo per colmavi d’ingiurie!

■Puf. ( fuori di sè per la gioia) Uh cche bella cosa! uh cche bella cosa! ( baciando la mano a Rodrigo) vuje site vivo... oh Ccielo te ringrazio! ( a Pangrazio ed Alfredo) và, jateve a ppiglià l’eredità mo. [p. 77 càgna]Giù» Sigoor Rodrigo, giacché siete vivo ora v’impongo di darmi conto di...

Rod. Piano signore., rammentatevi cbe l’altro si è annegato solo.

Giù. Direte saggiamente, ma il mio doverè è di v assicurarmi di voi; il ferraro è stato annega* to il 20 Aprile, ^oi avete scritto il 19, ecco questa frase vi condanna ( legge sul testamento) «prevedendo di annegarmi domani.»

Rod. Ah! che ho falto!

Giù. Dunque siete in arresto..

Lui. ( in atto supplichevole ) Signor giudice..,

Pul. Signor giudice, che ponzate diveutà usciere, facitelo la grazia.

Giù. Signori, adempio airobbligo mio, non posso far nulla. È quasi notte, questa camera di cui verranno custodite le porte, vi servirà di prigione finché verrà la forza che Giovanni è andato a reclamare, per esser protetto contro le vostre minacce.

• Rod. Son morto! ( abbandonandosi sopra una sedia )

Luì. Povero mio padrino! ( accende il lume sul

  • caminetto )

Giù. Uscite,.(piano )

Rod. Tutto è finito per me: al momento in cui io era ai colmo della mia felicità, poiché l’idea di quella creatura...sì,realizzando la mia fortuna avrei potuto vivere anche nel mondo della Luna, per così dire...ma che fare qui? devo restar per questa notte chiuso solo in tina stanza., solo! la solitudine m’uccide! -. sembrami di veder 1’ ombra di quel disgraziato che a me s’indrizza minacciando...ah! io voglio assolutamente uscire... ( guarda traverso le fessure della porta ) C* è la fa[p. 78 càgna]zio06) ed io non posso.,. Ah! sì!., (vìnto da felice idea ) ora mi ricordo: ho inteso dire cbe il padre di Giovanni aveva fatto fare nella cantina de’ nascondigli., se potessi trovarne uno., così per qualche camino posso ptoceirrarmi la fuga., (fa dèlie ricerche sul suolò e solleva urìapertura)£<teol&! (apre la toteratta ) Che oscurità!.. ma nella posizione in cui sono non bisogna temete:(discende qualche scalino ) che freddo!.. ( risale spaventato come avesse veduto qualche cosa) oimè. • t qual timore. • * eh 1 coraggio!., bestia che fosti 9. Giuseppe... non potevi impararti à nuotare!.. (discende e chiude: dopo breve pausa)

S|C ENA X.

Giusbpph e RotmiGft.

Rod. (aldisotto deli* intorniato gittu gran gridi) Ah! ah! assassino!

Giù. ( similmente ) Assassino!..

Rod. Guardia.. guardia., (comparisce per la ca ter atta spaventalo in. modo eccessivo: i suoi capelli saranno irti e bianchi diparte in parte per la ricevuta scossa, gli occhi stralunati e la sua toee quasi estinta ) Oiinèh.ho veduto l’ ombra sua., la sua voce mi gridava ama... sino... ho rfpriociptato la lotta di nn mese fa!..

Giù. ( solleva uri altra apertura9 e mette fuori la sola testa) Aggio potuto asci...

Rod. (se ne avvede e dà un calcio sulla Cateratta ) Eccolo qoa...

Giù. ( solleva alt? apertura sul dammi) Chesta è a’ auta.. 1 [p. 79 càgna]Rod. f spaventato gli salta sopra e la rinchiude)

Io voleva dell’ emozioni ed ora noo me oe mancano!

Giti. ( solleva V ultima buca eh’ è nel fondo) Voglio vedè si...

Rod. Ah! ( c.s<) Io ho annegato un sol ferraro non una quarantina! Ahi! non resisto., io moro!

( abbandonandosi sopra una sedia )

SCENA ULTIMA.’*

Luigia, Pulcinella, quindi Giudice, Alfredo, Pangrazio, ed in fine Giovanni e Giuseppe.

Lui. Caro padrino..

Rod. ( con voce spaventevole ) Tu non hai più

  1. padrino!

Lui. Oi4iiè!.. come siete ridotto! guardata... ( gli presenta lo specchio eh’ è sul camino )

Rod. Chi è mai quest9 abominevole vecchio?

Lui. Siete voi.

Rod. Ma quanti anni sono rimasto in cantina per essere così invecchiàto!

Pan. Che! ( guardando il suo viso )

Giud*Siete salvo.

Gio. Giuseppe è anche salvo.

Gius.( comparisce dalV apertura cK è sul davanti )

Rod. ( atterrito c. j. ) Ahi! spingetelo., allontanatelo.,.

Gio. Piano: egli è Giuseppe che credendosi colpevole della vostra morte, ha voluto essere nascosto poco prima colà... egli è vivo.

Gius.Sì, D. Rodrigo mio, so vivo.

Rod. Davvero? permettete che ió vi osservi... (se gli avvicina ) Sì, avete ragione.* sonò contento di rivedervi. [p. 80 càgna]Alf Alloni! ritorniamo subito alle antiche gioie.

Bud. ( con impelo ) No, voi non porrete mai più

il piede in casa mia.

Pul. Cento di questi giorni!, T.

Rod. Voi Giuseppe vivete nella certezza ehe Lisetta è "vedova d’un vecchio e non e sfata alai da me amala.

Gius.Oh che ppiacerel mo chello che ve prego, non ve scordate de Giuseppe lo ferraro...

Rod. No, non posso dimenticarmi di voi... questa è opra vostra! ( mostrando t suoi capelli ) Ora non sono più annojato di vivere; sposerò la mia cara Luigia...

Lui. Oh me.felice!...

• Rod. E dividerò tutte le mie giqje con la sposa e con 1’ unicoe solo mio amico: eccolo, ’ ( indica Pulcinella ) egli sara il n»o buffone.

Pul. Ed io ti Sofferò sempre che vuoi.

Rod. E giuro di rispettare la mia esistenza,per non assoggettarmi a tanti sinistri, e più d ogni altro., al terribile incontro nella spaventevole cantina, per mezzo del quale ho ereditato una giovanile vecchiaia! ( mostrando la sua testa)

FI HE DELLA COM MEDIA»

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